"Un noir di amori pazzi nato dai mal di testa"

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martee1964
00lunedì 9 marzo 2009 08:27
MADRID
E’un dramma essenziale. I personaggi hanno già pianto tutte le loro lacrime prima dell’inizio del film, un noir di amori pazzi». Con queste parole, Pedro Almodóvar riassume su El País Semanal, il magazine domenicale del quotidiano madrileno, il suo diciassettesimo film, Los Abrazos Rotos («Abbracci spezzati»), in uscita il 18 marzo. È la storia più costosa mai raccontata dal regista della Mancia (12 milioni di euro) e anche la più lunga (127 minuti). Nel cast, torna la musa preferita del regista, Penélope Cruz, recente vincitrice dell’Oscar come miglior attrice non protagonista per Vicky Cristina Barcelona di Woody Allen.

È un film nel film. La sceneggiatura racconta delle riprese di un cortometraggio, Chicas y maletas («Ragazze e valigie»). Scritto come sempre da Almodóvar, il copione intreccia il dramma dell’attricetta Lena (appunto la Cruz, alla sua quarta collaborazione con l’autore dopo Carne tremula, Tutto su mia madre e Volver) con il marito e magnate Martel (José Luis Gómez) e con il regista Mateo Blanco (Lluis Homar, il prete pedofilo de La Mala Educación) che, da quando è rimasto cieco, quattordici anni prima, scrive copioni con lo pseudonimo Harry Caine, aiutato dalla sua ex direttrice di produzione, Judith (Blanca Portillo, l’Augustina di Volver) e dal figlio di quest’ultima, Diego (Tomar Novas). Chicas e maletas, che è molto Donne sull’orlo di una crisi di nervi, è diretto da Ray X (Rúben Ochandiano), figlio di Martel e innamorato di Diego.

«Abrazos rotos nasce dai terribili mal di testa che peggiorarono alla fine del tour di promozione di Volver nel 2006 e mi costrinsero all’oscurità - dice Almodóvar, 57 anni, due Oscar vinti -. Il personaggio di Homar, frutto di quel dolore, di quella cecità temporanea, era allora il mio alter ego. La mia fotofobia, che mi ha costretto a interrompere il ciak per un giorno e a lavorare nonostante non sopporti la luce, è un altro dei paradossi della mia vita».

Il magnate, che copre letteralmente d’oro Lena per la paura di perderla, diventa produttore per concederle il capriccio di fare l’attrice. «La mia esperienza con i ricconi che entrano nel mondo del cinema è stata nefasta - continua Almodóvar -. Ma Abrazos rotos, benché i personaggi siano ispirati da persone che ho conosciuto, non è un film autobiografico. E poi Lena è una buona attrice».

Il regista copre di elogi la sua musa: «Il ruolo di Pé teoricamente non era per lei, l’ho forzato per trasformare la Cruz nell’eroina del noir. Lei è una giovane donna molto bella che ha sempre voluto fare l’attrice ma non ha avuto fortuna, un’angelo che ha fatto la prostituta ogni tanto. Una parte molto triste». Nel film c’è poi una sorpresa, una sequenza breve ma chiave, tratta dal Viaggio in Italia di Rossellini del ‘54, dove Ingrid Bergman contempla una coppia morta carbonizzata abbracciandosi: «Anche nel mio film, una dichiarazione d’amore totale al cinema, domina la sfortuna che colpisce tutti i personaggi, anche se ha un finale tra i più felici che ho fatto - assicura il regista -. Sono tornato al noir, come in Carne tremula e La Mala educación, perché è uno dei miei generi favoriti e può essere molto ironico. Come nella scena in cui un’esperta legge le labbra, ispiratami dalle nozze tra il principe Felipe e Letizia, quando una tivù decifrò lei che, durante il momento clou della cerimonia, diceva al marito: è tutto così bello. Un mestiere così bizzarro meritava di comparire in un mio film».E adesso Pedro Almodóvar si firma Harry Caine. Un mese fa, il regista ha presentato un suo cortometraggio, L’assessore antropofaga, che ha scritto e diretto con questo pseudonimo, che è poi il nome del regista cieco di Los Abrazos Rotos. Si tratta di un esilarante monologo di nove minuti di Carmen Machi (foto), che ha anche una particina nel film «lungo».

L’attrice comica, 45 anni, veste i panni di un’assessora agli Affari sociali cocainomane dell’inventato e conservatore Partito Pap. Il personaggio ha la mania ossessiva di proporre come linea politica il sesso ripetendo: «Non c’è niente di più democratico del piacere». «Il corto, dove ho fatto il travestito di me stesso, è stato un capriccio ispiratomi dall’immenso talento della Machi - spiega Almodóvar -. Mi è piaciuto recuperare lo spirito di trent’anni fa, anche se, in effetti, l’ho sempre portato con me. Mi annoio molto a essere Pedro Almodóvar, vorrei debuttare di nuovo. Come Harry Caine».
gioiaedolore
00martedì 10 marzo 2009 17:42
lo terro' a nota,e lo andro' poi a vedere.
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