Racconto una mia esperienza con l'uso di ritrovati millenarie. Sottolinenado che non sono DROGHE inquanto non danno assuefazione. NON VOGLIO ISTIGARE LE PERSONE ALL'USO DI DROGHE CONSIDERATE ILLEGALI.
Ricordo tutto ancora come fosse ieri. Mangiai dei funghi allucinogeni sotto il sole estivo, ne avevo per due viaggi, non li usai tutti quel giorno. Iniziai ad assaporare quella spora, un sapore tipico dei funghi selvatici come le trombette dei morti, quelli violacei-bluscuro che si trovano nei boschi e fanno la loro figura nel piatto. Un sapore un pò più amarognolo dei funghi normali, erano secchi e perciò con una concetrazione maggiore di psylocibina rispetto a quelli freschi. Ne presi metà dal sacchetto, li mangiai ed aspettai.
Stavo seduto su un prato come tanti, vidi un sasso sul quel mare di erba ormai spenta dal sole estivo. E improssivamente quel sasso era il fulcro di un mondo, lo vidi come tale, tutto partiva da li; lo sfondo del mondo cambiò, stavo su un prato secco di un paese mai visto, vidi montagne immense stagliarsi dove prima c'era una piccola cittadina, deserti, mari, pianure. C'era tutto. Mi alzai con una convinzione di andare via, volevo muovermi come il mondo e non restare fermo a vedere quello spettacolo. Inizio a camminare senza meta con passo veloce. Assisto alle persone ferme ai semafori, aspettare quel verde per passare e io con loro. Mi rendo improvvisamente conto di essere diventato una macchina obbediente, senza scelta se non quella di obbedire a quelle tre lucette. Lascio quell'angusta regola e passo sulle strade dove capita, cresciuto in un metropoli sapevo ben schivare le macchine sulle strade. Vidi un bar e mi fermai. Il bar era uno di quelli con la specchiera dietro le bottiglie degli alcolici col classico bancone in metallo. Chiesi un bicchiere di Thé, ma vedendomi allo specchio non era il thé ciò che volevo, non lo volevo il thé, ne vino ne birra o altro, solo acqua. Prima che il barista versasse il thé nel bicchiere lo bloccai con la voce: <<Capo. No. Niente thé. Un bicchiere d'acqua>>. Mentre bevevo quel bicchiere sentii le voci inutili di due ragazzi parlare del calcio, sembravano attori nati, ne parlavano ma senza convinzione di parlarne, tanto per parlare. Finita l'acqua continuai a camminare.
Le forme si erano distorte, i palazzi sembravano fatti di carta velina, quasi trasparenti ma la mia vie era tra la strada e il marciapiede. quella era l'unica via. Segui la strada fino a fuori città. Vidi una villa immensa, immaginai la Bolivia con le sue colline mai viste dove i mercanti di cocaina vivono, una stupenda villa, per quanto stupenda mi resi conto che era sbagliato contemplare quella cosa inutile. Continuai. Arrivai al cartello con scritta nera a sfondo bianco che indicava la fine della città. Quello non era un cartello stradale, indicava la caduta di tutto quello che pensai dovessi perseguire nella mia vita fino all'ora. Lo contemplai per molto tempo fino ad attraversalo col coraggio di arrivare alla fine del mondo e cadere nel nulla. Non trovai il nulla oltre quel cartello, c'era qualcosa d'impercettibile e di meraviglioso. Che tutt'ora si manifesta come voce nella mia testa.
Continuai a camminare ed ebbi la sensazione di non essere solo, c'era la natura che si distingueva nella sua magnificenza oltre i margini della strada. Gli alberi crescevano non era immobili, potevo vederlo crescere e la terra pulsare di vita come se avesse un cuore. Il mondo iniziò a prendere vita, riusci a vedere gli atomi di cui ero composto io e il tutto, la materia vibrava e brillava come un formicaio alla luce del sole.
Ero convinto che se avessi seguitato per la strada mi sarei perso. Avrei perso la ragione. Il caldo iniziò a farsi sentire e la ragione mancava in quel momento. Ero immerso nel viaggio. Per la prima volta la voce si manifestò.
Mi disse: Hai visto ora. Ora torna indietro.
Io: E' tutto questo, come posso abbandonarlo.
voce: Non hai visto nulla allora.
Stavo parlando con una voce immaginaria. Ero "fottuto", "bruciato" pensai. Improvvisamente schizzarono alla mente ricordi antichi, di quando ero bambino. Mi ricordai chi ero e cosa pensavo. Crescendo non divenni l'erede di quel bambino, un estraneo a me stesso divenni. La voce mi lascio solo quel giorno. Steso sull'erba all'ombra di alcuni alberi vicino alla strada contemplai chi io fossi. Comunicai col bambino e con il giovane uomo. Trovai la ragione di un bimbo essere di gran lunga superiore all mia, prima di quel momento. Avevo ritrovato la ragione sempre a vuta e mai ascoltata. Il cielo cominciò ad allontanarsi dalla terra e io con lui, proiettato nell'infinito dell'universo. Per la prima volta stavo davvero bene senza essere "fatto", riuscivo a ragionare liberamente dopo aver distrutto ogni mia cognizione precedentemente imparata. Libero e felice di non essere altro che un pezzo di quell'infinito, partecipe del mondo. Un senso di pace assoluta, troppo perfetta per averla solo io, mi sentii in colpa di godere di tanto benessere, non c'ero solo io in quel mondo. Vidi la vita e la morte dell'umanità nei sentimenti, arrivarono tutti insieme come un onda anomale a spazzare via il mio stato di benessere, lasciandomi un messaggio, quella voce. Ripensai alle parole della voce e capii che dovevo tornare, non potevo sopportare la pace dell'anima, non quel giorno. Tornai sui miei passi, trascinandomi i pensieri del mondo.
Quel giorno ho toccato la verità ma non riuscì ad accettarla da subito. Ora ne sò qualcosa di più, risulta essere inaccettabile per voi come lo fu per me all'inizio.
Sto cercando di comprendere queste cose. Fin'ora mi sono state utili queste esperienze e l'impossibilità di poterle condividere con altre persone le rende incomprensibili agli ochhi degli altri. Una testimonianza mistica come altre.
ciao
P.s.
non ritrovo la discussione con Seraph sul reato. Considerava la religione insegnata da altri simile ai reati, considerando che ci sarebbe voluta la stessa comprensione da parte della società per comprendere queste situazioni in cui i giovani vengono manipolati dalla religione. Una cosa del genere, non la ritrovo, mi date una mano