ORGOGLIO!!!

Il quotidiano 'Libero" ha pubblicato un articolo di Marino Bartoletti sulla TIM Cup Final Eight che si è disputata a Forlì. Eccone il testo:
'Amo profondamente il calcio e proprio per questo ritengo di poterlo criticare (in chiave - spero lo si capisca - sempre costruttiva). Ne riconosco il ruolo di disciplina trainante: mi irritano certe forme di razzismo alla rovescia da parte di chi, spesso in maniera snobistica, non ne vuole accettare il fortissimo significato sociale, economico e persino culturale. Però ci sono degli esempi ai quali - pur nelle dovute proporzioni - il calcio avrebbe il dovere di guardare con curiosità e umiltà. E io ne voglio raccontare uno di cui sono stato diretto testimone domenica scorsa.
A Forlì si sono svolte le cosiddette “Final Eight” di pallacanestro (sono scese cioè in campo, a eliminazione diretta, le otto migliori squadre del campionato per contendersi la Coppa Italia). La formula, ovviamente, non è trasferibile al movimento calcistico: ma la dignità del trofeo e la sua cornice dovrebbero far riflettere chi ne ha fatto una manifestazione minore, senza pubblico e senza sbocchi “europei”. Il torneo ha avuto esiti sorprendenti dal punto di vista sportivo, costando l’eliminazione alle tre formazioni leader del campionato, Treviso, Bologna e Siena (che, certo, non hanno schierato le seconde linee, ma che si sono pure arrabbiate di brutto per l’esclusione) e ha portato in finale due piazze inattese, ma di grandissimo fascino: Roma e Napoli.
Ebbene, la finale di domenica - drammatica e terminata ai tempi supplementari - non è stata “solo” una partita di straordinario valore tecnico, ma una lezione di civiltà sportiva da incorniciare e da divulgare a chi, in questo Paese, si ostina a non capire che cosa dovrebbe significare la parola “sport” (e lo dico anche per i compilatori dei barbosi e fumosi programmi politici fin qui dati alle stampe, che nelle tre paginette “dedicate” fanno l’elogio dell’aria fritta e citano solo una disciplina: ovviamente il calcio). Assistendo a quella partita mi sono riconciliato con tutte le componenti abitualmente offese dalla quotidianità sportiva nazionale. Due annotazioni per tutte, prima di arrivare a quella finale. Sugli spalti c’erano 5.500 tifosi, dunque un numero non solo importante, ma addirittura concorrenziale con platee calcistiche di serie professionistiche (per non dire degli spalti vuoti della Coppa Italia pallonara): ebbene, a un certo punto, i carabinieri e i poliziotti comunque chiamati per evitare scontri, si sono seduti divertiti e increduli… a guardare l’incontro, tanto inutile era la loro presenza. Per un paio di volte è stato chiamato il cosiddetto “instant replay”, per controllare se le decisioni degli arbitri fossero state corrette: e in entrambi i casi, la partita è ripresa esattamente come i direttori di gara avevano sentenziato (e senza che nessuno, dagli spalti, gridasse a condizionamenti e complotti).
A partita finita (una partita, ripeto, intensa e drammatica, insaporita persino dal fatto che l’allenatore vincitore sedeva fino a un anno fa sulla panchina della squadra da lui sconfitta), il presidente del Napoli Maione ha raccolto tutti i suoi tifosi che avevano invaso il campo per la premiazione e li ha portati sotto la curva dei “romanisti” per applaudirli (ricevendone in cambio un’ovazione). Giuro: non è stato un sogno. Quei tifosi con le sciarpe giallorosse sono i cugini di quelli che, due settimane fa all’Olimpico, avevano elogiato i forni crematori durante Roma-Livorno. In tribuna, il sindaco Veltroni, li guardava sbalordito e orgoglioso.

Sono prima che un appassionato di basket un malato di calcio ma non ho problemi ad ammettere che esiste un abisso tra queste due discipline in quanto a civiltà e correttezza in campo quindi mi associo a Bartoletti e non solo per la stima che nutro verso questo giornalista.