per la cronaca...
Il periodo di più aspra lotta brigantesca si apre nel Mezzogiorno d'Italia all'indomani dell'occupazione militare del Regno delle Due Sicilie e la sua susseguente annessione al nascente Regno d'Italia. Le bande di briganti, in questo periodo erano composte non solo da delinquenti comuni ma anche da ex soldati del disciolto esercito duosiciliano, rimasti fedeli alla dinastia borbonica, e da contadini che lottavano contro i latifondisti che, nonostante il cambio di sovrano, continuavano a detenere tutta la terra del meridione, rendendo i contadini di fatto servi della gleba. Altri motivi che spingevano alla macchia i contadini erano costituiti dalla privatizzazione delle terre demaniali dalla leva obbligatoria introdotti dal governo unitario, oltre ad una tassazione più elevata di quella precedentemente in vigore ed il mancato miglioramento da parte del nuovo governo delle durissime condizioni di sfruttamento e sopraffazione. Da ultimo, ma non per importanza, l'occupazione piemontese era sentita dalla popolazione come una minaccia alle proprie fede e alle proprie tradizioni. L'arretratezza delle infrastrutture e della rete viaria del mezzogiorno, infine, facilitavano grandemente l'occultamento delle bande brigantesche.
Per contenere il brigantaggio post-unitario venne emanata, nell'agosto 1863, la "famigerata" legge Pica. Tale legge, contraria a molte disposizioni costituzionali, colpiva non solo i presunti briganti, ma affidava ai tribunali militari anche i loro parenti e congiunti o semplici sospetti. Gli effetti della legge Pica furono resi ancora più gravi dallo spregiudicato modo in cui furono attuati i suoi cinque articoli: fucilazioni sommarie ed incendi di villaggi in cui si rifugiavano i briganti erano all'ordine del giorno, restano tristemente famose le atrocità perpretrate dalle truppe d'occupazione piemontesi a Pontelandolfo e Casalduni. I caduti nella guerriglia furono molte migliaia, sia tra i briganti che tra i soldati piemontesi; atrocità furono commesse da entrambe le fazioni in lotta, ma in particolare dalle truppe di occupazione (in cui si distinse, in Calabria, Pietro Fumel).
Molte violazioni dei diritti di cittadini inermi furono perpetrate in applicazione delle teorie di Cesare Lombroso, consulente medico e ideologico nella campagna di repressione del brigantaggio, convinto di poter individuare i briganti sulla base di rilievi antropometrici.
A partire dal 1870, salvo le azioni di poche ed isolate bande di irriducibili, vista l'impossibilità di ottenere risultati politici e per non logorarsi in un'eterna guerra civile, il brigantaggio volgeva gradualmente al termine. I problemi che lo avevano originato restavano però irrisolti, e in seguito per molti abitanti del sud l'unica speranza di sopravvivenza fu legata all'emigrazione.
Secondo le stime di alcuni giornali stranieri che si affidavano alle informazioni "ufficiali" del nuovo Regno d'Italia, dal settembre del 1860 all'agosto del 1861 vi furono nell' ex-Regno delle Due Sicilie 8964 fucilati, 10604 feriti, 6112 prigionieri, 64 sacerdoti, 22 frati, 60 ragazzi e 50 donne uccisi, 13529 arrestati, 918 case incendiate e 6 paesi dati a fuoco, 3000 famiglie perquisite, 12 chiese saccheggiate, 1428 comuni sollevati. (poiché ufficiali c'è da considerare che come tali queste cifre erano sicuramente sottostimate dal ministero della guerra, nonostante si riferissero ad un solo anno).
Lo squilibrio strutturale tra nord e sud d'Italia verrà riscoperto alcuni anni dopo dalla nuova classe politica italiana col nome di questione meridionale.
Alcuni storici propongono di rivedere i capitoli che riguardano l'insegnamento di alcune pagine del recente passato italiano. In parte è in corso una rivendicazione del ruolo svolto dal sud come finanziatore dello sviluppo industriale dell'ex regno del Piemonte; in altra parte viene accentuato un discorso di storia economica e monetaria come elemento chiave per capire gli squilibri nord-sud. È in questo periodo che il sistema bancario si struttura in modo simile a oggi: un meridione con poche tasse e alta raccolta di risparmi che non vengono investiti nel territorio, ma finanziano le industrie del nord Italia. La tassazione imposta dal regno sabaudo, la stessa del nord estesa al nuovo regno, e ulteriori aggravi come la tassa sul grano, sono considerate causa della massiccia emigrazione che si verificò dopo l'unità d'Italia. L'afflusso di risparmi dagli emigranti alle famiglie fu un importante ammontare di riserve di valuta estera (che valeva molto rispetto alla moneta italiana dell'epoca) che si sommava alle riserve auree integrate con l'acquisizione nella futura Banca d'Italia delle banche del sud. Questi storici vedono nel brigantaggio un aspetto del processo di trasferimento di ricchezza dal Meridione verso il nord.