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    00 22/10/2010 15:14
    Il Presidente del Parlamento Europeo incontrerà il Papa
    La visita è un riconoscimento del ruolo della Chiesa nella lotta alla povertà



    ROMA, venerdì, 22 ottobre 2010 (ZENIT.org).- Lunedì 25 ottobre il Presidente del Parlamento Europeo Jerzy Buzek sarà ricevuto in udienza privata in Vaticano da Papa Benedetto XVI.

    Prima della visita, il Presidente Buzek ha dichiarato: "Questo è l'Anno europeo contro la povertà e l'esclusione sociale. Questa visita è un riconoscimento al ruolo chiave della Chiesa cattolica nella lotta a questi mali”.

    “La lotta alla povertà e all'esclusione richiede una partnership di tutti gli attori interessati”.

    “Le azioni della Chiesa cattolica – ha aggiunto – non solo danno rifugio e conforto ai più marginalizzati nella nostra società, ma aiutano anche a diffondere un forte messaggio di solidarietà, uno dei principi fondanti dell'Unione europea. In un momento di difficoltà economiche, questo è un messaggio cruciale”.

    Un tema quello della lotta alla povertà su cui il Presidente Buzek ha già mostrato una grande sensibilità convocando agli inizi di ottobre una conferenza ad hoc in occasione della quale una delegazione delle principali Chiese europee e dalle loro organizzazioni ha presentato un rapporto dal titolo “Non violare il diritto del povero nel suo processo” contenente 14 raccomandazioni politiche rivolte all'Unione Europea e ai suoi Stati membri per ridurre radicalmente la povertà in Europa.

    “Questo incontro con il Papa- ha continuato il Presidente Buzek – avviene nel contesto dell'articolo 17 del Trattato di Lisbona, che prevede un dialogo continuo tra l'Ue e le chiese. L'Unione apprezza il contributo della religione e delle diverse confessioni nella nostra società”.

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    00 24/10/2010 00:44
    Regole etiche di mercato al servizio del bene comune


    ROMA, sabato, 23 ottobre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito la “Lectio magistralis” sulla Caritas in veritate di Benedetto XVI pronunciata il 20 ottobre scorso dall'Arcivescovo di Chieti-Vasto, mons. Bruno Forte, alla Facoltà di Economia dell'Università degli Studi G. D’Annunzio di Chieti-Pescara.

    * * *

    1. Dalla “Populorum Progressio”… Era stato Paolo VI, il Papa dell’Enciclica Populorum Progressio (1967), ad intuire con singolare lungimiranza, al tempo della “guerra fredda” e dei blocchi contrapposti, che il futuro del pianeta sarebbe stato sempre più connesso, al punto che lo sviluppo dei popoli “dipendenti” avrebbe prima o poi condizionato anche quello delle nazioni del primo e del secondo mondo. L’idea chiave dell’Enciclica di Papa Montini - quella dello sviluppo inteso come realizzazione progressiva e sempre più integrale ed equamente distribuita della dignità di ogni persona umana e delle sue espressioni collettive - era dunque colta nell’ottica di una rete globale di rapporti di inter-dipendenza, capaci di ostacolare o favorire lo sviluppo stesso. Con la sua Caritas in veritate Benedetto XVI riprende l’intuizione del Suo Predecessore, per affermarne e approfondirne il valore permanente: “Pubblicando nel 1967 l’Enciclica Populorum progressio… Paolo VI ha illuminato il grande tema dello sviluppo dei popoli… Egli ha affermato che l’annuncio di Cristo è il primo e principale fattore di sviluppo e ci ha lasciato la consegna di camminare sulla strada dello sviluppo con tutto il nostro cuore e con tutta la nostra intelligenza, vale a dire con l’ardore della carità e la sapienza della verità... A oltre quarant’anni dalla pubblicazione dell’Enciclica, intendo rendere omaggio e tributare onore alla memoria del grande Pontefice Paolo VI, riprendendo i suoi insegnamenti sullo sviluppo umano integrale e collocandomi nel percorso da essi tracciato, per attualizzarli nell’ora presente. Questo processo di attualizzazione iniziò con l’Enciclica Sollicitudo rei socialis, con cui il Servo di Dio Giovanni Paolo II volle commemorare la pubblicazione della Populorum progressio in occasione del suo ventennale. Fino ad allora, una simile commemorazione era stata riservata solo alla Rerum novarum. Passati altri vent’anni, esprimo la mia convinzione che la Populorum progressio merita di essere considerata come la Rerum novarum dell’epoca contemporanea, che illumina il cammino dell’umanità in via di unificazione” (n. 8).

    2. Alla “Caritas in veritate”… L’idea chiave dell’Enciclica di Paolo VI è approfondita da Benedetto XVI nel contesto dell’attuale globalizzazione, descritta come “la novità principale” prodottasi negli oltre quarant’anni trascorsi: l’espressione si riferisce all’esplosione dell’interdipendenza planetaria, processo che, “nato dentro i Paesi economicamente sviluppati, ha prodotto un coinvolgimento di tutte le economie… e rappresenta di per sé una grande opportunità. Tuttavia, senza la guida della carità nella verità, questa spinta planetaria può concorrere a creare rischi di danni sconosciuti finora e di nuove divisioni nella famiglia umana” (n. 33). Si individua qui la domanda di fondo dell’Enciclica, che ne ha reso particolarmente impegnativa l’elaborazione e ne mostra la scottante attualità: come valorizzare la globalizzazione, evitandone i pericoli drammaticamente evidenziati dalla crisi economica mondiale in atto, dovuti all’avidità e alla spavalderia con cui alcune agenzie hanno giocato sull’apparente omologazione della finanza virtuale con l’economia reale a proprio vantaggio e a danno dei più deboli, nell’assenza di ogni organismo di controllo capace di incidere a livello planetario?

    3. L’economia ha bisogno dell’etica. La risposta del Papa è netta: l’economia da sola non basta a promuovere il bene comune, né, peraltro, la carità come guida dei rapporti personali e sociali è sufficiente, se l’una e l’altra non si coniugano all’individuazione ed al rispetto di norme oggettive, che abbiano carattere di esigitività morale per tutti. “L’economia ha bisogno dell’etica per il suo corretto funzionamento; non di un’etica qualsiasi, bensì di un’etica amica della persona” (45). Al centro della valutazione morale in campo economico deve esserci la dignità di ogni essere umano, lo sviluppo di tutto l’uomo in ogni uomo. “Desidererei ricordare a tutti - scrive il Papa -, soprattutto ai governanti impegnati a dare un profilo rinnovato agli assetti economici e sociali del mondo, che il primo capitale da salvaguardare e valorizzare è l’uomo, la persona, nella sua integrità” (n. 25). Il discorso si fa estremamente concreto: “La dignità della persona e le esigenze della giustizia richiedono che, soprattutto oggi, le scelte economiche non facciano aumentare in modo eccessivo e moralmente inaccettabile le differenze di ricchezza e che si continui a perseguire quale priorità l’obiettivo dell’accesso al lavoro o del suo mantenimento, per tutti” (n. 32).

    4. Un’economia eticamente responsabile è anche economicamente più efficace. Nell’analisi del Papa ciò è esigito anche dalla “ragione economica”: “L’aumento sistemico delle ineguaglianze tra gruppi sociali… ha anche un impatto negativo sul piano economico, attraverso la progressiva erosione del capitale sociale, ossia di quell’insieme di relazioni di fiducia, di affidabilità, di rispetto delle regole, indispensabili ad ogni convivenza civile” (ib.). Il mondo, le società, le persone non cresceranno se non insieme! E questo perché “i costi umani sono sempre anche costi economici e le disfunzioni economiche comportano sempre anche costi umani” (ib.). Si comprende in tal senso la preoccupazione del Papa riguardo al ricorso egoistico alla delocalizzazione del lavoro: “Non è lecito delocalizzare solo per godere di particolari condizioni di favore, o peggio per sfruttamento, senza apportare alla società locale un vero contributo per la nascita di un robusto sistema produttivo e sociale” (n. 40). Anche in campo economico, “il rispetto dei legittimi diritti degli individui e dei popoli” (n. 4) proibisce di agire per pregiudizio, considerando l’altro come minaccia e rifiutandogli le garanzie dovute alla sua dignità di persona, specialmente se in particolari condizioni di bisogno e di fragilità. Si pensi al dramma degli immigrati clandestini: “Ogni migrante - afferma il Papa - è una persona umana che, in quanto tale, possiede diritti fondamentali inalienabili che vanno rispettati da tutti e in ogni situazione” (n. 62). O si pensi all’abuso delle risorse energetiche da parte di alcuni paesi, alla crisi ecologica che sempre più ne consegue a danno di tutti (cap. IV dell’Enciclica), all’uso della tecnica non finalizzata alla promozione della dignità della persona ma al potere di alcuni su altri (cap. VI), o ancora alla manipolazione e alla violenza esercitata sulla vita umana, nella varietà delle sue fasi e delle sue espressioni (nn.74-75)…

    5. Il “principio di gratuità” in economia. Questo forte richiamo alla sensibilità etica in campo economico e sociale non ha nulla di moralistico. L’Enciclica, ad esempio, non demonizza in alcun modo il profitto e l’impresa, come avveniva nelle letture ideologiche massimaliste. Ciò che deve però caratterizzare il conseguimento del profitto e l’imprenditorialità è l’attenzione all’eticità dei mezzi e dei fini, oltre che al reinvestimento sociale dei profitti stessi. Qui Benedetto XVI avanza un’idea di grande fascino, che appare supportata dalle tante forme di finanza etica e di economia di comunione che si vanno sviluppando nel mondo: la rilevanza del principio di gratuità in economia (n. 34). Se è vero che non si crescerà se non insieme, il reinvestimento di una parte degli utili al servizio della promozione umana e sociale dei più deboli è garanzia di benessere per tutti. “Senza forme interne di solidarietà e di fiducia reciproca, il mercato non può pienamente espletare la propria funzione economica” (n. 35). Ne è riprova l’impatto positivo avuto nelle economie delle varie forme di microcredito e di partecipazione cooperativa. Il Papa della Deus caritas est lancia in tal modo un messaggio di estrema attualità: senza regole etico-sociali oggettive lo slancio della solidarietà e l’impresa economica sono a rischio per tutti. “Senza la verità, la carità… è esclusa dai progetti e dai processi di costruzione di uno sviluppo umano di portata universale, nel dialogo tra i saperi e le operatività” (n. 4). Il villaggio globale ha bisogno tanto di amore, quanto di verità. Saranno capaci i grandi della terra e gli esperti di economia di corrispondere a questa sfida?

    6. Accoglienza dell’Enciclica. Le reazioni all’Enciclica indicano segnali complessi: se da una parte si registra un largo apprezzamento da parte di organismi di governo, da esponenti della politica e dell’economia, dall’altra non mancano riserve esplicite o implicite. Il direttore della Banca d’Italia Mario Draghi fa sue le tesi del Papa, spiegando che “uno sviluppo di lungo periodo non è possibile senza l’etica. Questa è una implicazione fondamentale, per l’economista… Per riprendere la via dello sviluppo occorre creare le condizioni affinché le aspettative generali, quelle che Keynes chiamava di lungo periodo, tornino favorevoli. È necessario ricostituire la fiducia delle imprese, delle famiglie, dei cittadini, delle persone nella capacità di crescita stabile delle economie” (Non c'è vero sviluppo senza etica, in L’Osservatore Romano 9 Luglio 2009). Il Premio Nobel 1974 per l’economia Paul Samuelson commenta positivamente l’enciclica, sostenendo che “il Papa con la sua enciclica sta cercando di riportarci ad una realtà che potrebbe diventare più vivibile con un ritorno all’etica nella finanza”. Secondo Samuelson in ciò che è avvenuto negli ultimi anni in campo economico-finanziario le regole più elementari del comune buon senso sono state eluse per dar spazio alla “deregulation” più selvaggia, all’arroganza del potere finanziario, alla noncuranza per la dignità umana. Pur accettando i processi della globalizzazione, Benedetto XVI ne denuncia lucidamente i pericoli e gli eccessi che possono far crescere povertà e disuguaglianza: se tali processi fossero ben gestiti, potrebbero condurre ad una redistribuzione della ricchezza a livello planetario, alleviando le sofferenze di tanti esseri umani. E ciò esige la coniugazione di carità e verità (Il Denaro, 14 Luglio 2009).

    7. Obiezioni all’Enciclica. Fra le reazioni critiche, vanno segnalate alcune voci che provengono dagli Stati Uniti, in particolare da quell’America fedele alla tradizione del “rugged individualism”e al mito del “magnificent destiny” legato all’economia liberale. Il politologo e teorico dell’economia Michael Novak afferma di preferire al documento di Benedetto XVI l’enciclica Centesimus Annus, sostenendo che “Giovanni Paolo II aveva affrontato la crisi del sistema più chiaramente” e che “la tradizione cattolica sembra porre ancora troppo l’accento sulla carità, la virtù e la giustizia e non si concentra abbastanza sui metodi per sconfiggere il peccato dell’uomo” (Io preferivo la “Centesimus Annus”, in Liberal, 10-07-2009). Ancora più netta la critica dell’economista George Weigel, secondo il quale alcuni passaggi dell’Enciclica “sono semplicemente incomprensibili, come quando si afferma che per sconfiggere la povertà del Terzo Mondo e il sottosviluppo si richiede una ‘necessaria apertura, in un contesto mondiale, a forme di attività economica segnate da quote di gratuità e di comunione’. Questo può significare qualcosa di interessante; può significare anche qualcosa di ingenuo o stupido. Ma, contestualmente, è praticamente impossibile sapere cosa significa…. Ciò che può essere inteso come un nuovo punto di partenza concettuale per la dottrina sociale cattolica è, in realtà, un confuso sentimento precisamente dello stesso tipo di quelli che l’enciclica deplora come staccati dalla verità nella carità. Vi è anche un po’ di più nell’enciclica circa la ridistribuzione della ricchezza piuttosto che la creazione di ricchezza - un segno sicuro delle posizioni erronee di Giustizia e Pace al lavoro. E un altro aspetto preferito di Giustizia e Pace - la creazione di una ‘autorità politica mondiale’ al fine di garantire lo sviluppo umano integrale - è rivisitato, senza approfondire il modo in cui tale autorità dovrebbe operare normalmente, non più di quanto non lo si approfondisca nel fideismo curiale circa l’intrinseca superiorità della governance transnazionale” (Caritas in Veritate in Gold and Red. The revenge of Justice and Peace (or so they may think), in National Review on line July 7, 2009). Dal canto suo, lo storico italiano Paolo Prodi lamenta la mancanza di “senso tragico” nell’Enciclica, perché “il mercato è conflitto”: “Con questa Enciclica Benedetto XVI cerca di fissare delle coordinate metastoriche all’economia. Ma questa sottrazione alla storia fa problema… ” (nell’intervista fattagli da Marco Burini su Il Foglio 1 Luglio 2009).

    Conclusione. Risposta alle obiezioni e prospettive. Risponde a queste critiche l’economista Stefano Zamagni, indicato fra gli ispiratori del testo della Caritas in veritate: “Ci sono due concezioni del mercato. La prima identifica il mercato con il sistema capitalistico. Se uno sposa questa tesi è evidente che metterà il principio del dono fuori dal mercato, nelle attività di volontariato, filantropiche. L’altra concezione, l’economia civile, è stata dominante fino a tutto il Settecento, poi è finita nell’ombra e solo negli ultimi anni si riaffaccia. Secondo questa tradizione di pensiero il mercato è il genere, il capitalismo la specie: dunque il mercato per funzionare bene deve incorporare il principio del dono. Uno è libero di scegliere la prima tesi o la seconda, basta non mischiarle… La dottrina sociale della chiesa riprende una linea di pensiero antichissima iniziata nell’XI secolo e portata avanti dai cistercensi e dai francescani: se il mercato è opera dell’uomo che vive in società non si vede perché l’uomo quando entra nel mercato debba abbandonare la virtù, il dono… È un filone di cui l’ultimo grande teorico è l’abate Antonio Genovesi, il primo titolare di una cattedra di Economia, all’Università di Napoli, nel Settecento… Ci vorranno anni per capire questa enciclica che usa categorie innovative… Gli americani avevano scommesso su un’enciclica che sconfessasse la ‘Populorum progressio’ e sono rimasti spiazzati. Le polemiche sul dono sono un pretesto” (intervista di Marco Burini su Il Foglio 16 Luglio 2009). Fra le posizioni elogiative di molti e quelle critiche provenienti soprattutto dal pensiero liberale americano, ci sono infine le voci ufficiali di consenso dei neo-liberisti europei politicamente impegnati: i loro elogi appaiono tuttavia inficiati da ricerca di consenso, perché di fatto le loro politiche in campo economico-sociale sembrano fare tutt’altro che tesoro delle indicazioni dell’Enciclica (si pensi solo alla politica sulle immigrazioni,o a quelle sulle fasce sociali più deboli). In conclusione, l’Enciclica appare come un sasso nello stagno, che scuote il dibattito economico mondiale in un momento di grande crisi, in cui la posta in gioco è altissima: o tornare indietro dopo tanto clamore alle scellerate politiche finanziarie, fruttuose in termini di profitto per pochi, ma devastanti per l’economia reale e l’interesse dei più; o imbarcarsi in una seria revisione delle regole della finanza e del mercato, per ridisegnare l’ordine economico internazionale e il sistema interno ad ogni paese alla luce del principio di gratuità, che riordini il profitto in vista del bene comune sulla base della convinzione che più etica e solidarietà in economia significano anche più verità e carità, e in ultima analisi economia più sana, giusta e vantaggiosa per tutti.



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    00 24/10/2010 15:04
    Annunciato il Sinodo dei Vescovi sulla Nuova Evangelizzazione nel 2012


    CITTA' DEL VATICANO, domenica, 24 ottobre 2010 (ZENIT.org).- Questa domenica Benedetto XVI ha annunciato di voler dedicare la prossima Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, nel 2012, al tema: "Nova evangelizatio ad christianam fidem tradendam - La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana".

    Lo ha fatto durante la Messa presieduta nella Basilica Vaticana a conclusione dell’Assemblea speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi sul tema: «La Chiesa Cattolica nel Medio Oriente: comunione e testimonianza: "La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuor solo e un’anima sola". (At 4,32)»

    “Durante i lavori dell’Assemblea – ha detto il Santo Padre – è stata spesso sottolineata la necessità di riproporre il Vangelo alle persone che lo conoscono poco, o che addirittura si sono allontanate dalla Chiesa”.

    “Spesso – ha continuato – è stato evocato l’urgente bisogno di una nuova evangelizzazione anche per il Medio Oriente. Si tratta di un tema assai diffuso, soprattutto nei Paesi di antica cristianizzazione”.

    Ed ha aggiunto: “Anche la recente creazione del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione risponde a questa profonda esigenza”.


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    00 27/10/2010 00:39
    No dal Vaticano alla condanna a morte di Tarek Aziz
    La Santa Sede è disposta a mediare attraverso le proprie vie diplomatiche



    ROMA, martedì, 26 ottobre 2010 (ZENIT.org).- Un appello alla sospensione della condanna a morte di Tarek Aziz, ex vice Primo ministro iracheno sotto il regime di Saddam Hussein, è giunto questo martedì anche dalla Santa Sede attraverso una dichirazione del suo portavoce, padre Federico Lombardi.

    “La posizione della Chiesa cattolica sulla pena di morte è nota”, ha detto il sacerdote gesuita.

    Il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, richiamando il Catechismo, afferma al n. 405 che “seppure l'insegnamento tradizionale della Chiesa non escluda – supposto il pieno accertamento dell'identità e della responsabilità del colpevole – la pena di morte 'quando questa fosse l'unica via praticabile per difendere efficacemente dall'aggressore ingiusto la vita di essere umani', i metodi non cruenti di repressione e di punizione sono preferibili in quanto 'meglio rispondenti alle condizioni concrete del bene comune e più conformi alla dignità della persona umana'”.

    “Ci si augura quindi davvero – ha aggiunto padre Lombardi – che la sentenza contro Tarek Aziz non venga eseguita, proprio per favorire la riconciliazione e la ricostruzione della pace e della giustizia in Iraq dopo le grandi sofferenze attraversate”.

    “Per quanto riguarda poi un possibile intervento umanitario, la Santa Sede è solita adoperarsi non in forma pubblica, ma per le vie diplomatiche a sua disposizione”, ha fatto sapere ancora.

    La Corte suprema irachena ha condannato all'impiccagione Tareq Aziz per aver ordinato la morte di 10.000 ribelli sciiti nel 1991.

    Unico cristiano cattolico, di fede caldea, al seguito del dittatore iracheno, Tarek Aziz è stato Ministro degli esteri dal 1983 al 1991 e vice Primo ministro dal 1979 al 2003. Inoltre, è stato l’interlocutore privilegiato tra la Santa Sede e Saddam Hussein, ricevendo sostegno anche dal Patriarca caldeo di Baghdad, Sua Beatitudine Emmanuel III Delly.

    Dall'arresto da parte delle forze della coalizione statunitense, nell’aprile 2003, Aziz ha fatto più volte appello al Vaticano. In una occasione ha fatto pervenire una lettera manoscritta a Papa Benedetto XVI attraverso il suo legale italiano chiedendo alla Santa Sede di fungere da garante affinché potesse lasciare la prigione e vivere in Italia in attesa di giudizio.

    Il suo appello all’assistenza per ottenere una rappresentanza legale gratuita nel 2004 ha avuto successo grazie agli sforzi di padre Jean-Marie Benjamin, un sacerdote cattolico francese che in passato ha ricoperto l'incarico di direttore della Fondazione Beato Angelico – che promuove il dialogo cristiano-musulmano – e di funzionario dell'Onu.

    Sempre padre Jean-Marie Benjamin è riusciuto a ottenere per Tarek Aziz un’udienza con Giovanni Paolo II il 14 febbraio 2003, a poco più di un mese dall’invasione anglo-americana dell’Iraq. Allora, ha ricordato il Custode del Sacro Convento di Assisi, padre Giuseppe Piemontese, in una nota apparsa sul sito www.sanfrancescopatronoditalia.it, Tareq Aziz si recò ad Assisi e accolto dalla comunità francescana del Sacro Convento si inginocchiò davanti la tomba di San Francesco.

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    00 10/11/2010 00:22
    Una mostra per conoscere la Biblioteca Apostolica Vaticana
    Verrà inaugurata questo mercoledì nel Braccio di Carlo Magno del Vaticano

    di Carmen Elena Villa


    CITTA' DEL VATICANO, martedì, 9 novembre 2010 (ZENIT.org).- La storia della “Biblioteca del Papa”, l'amplissima collezione di libri, tra manoscritti e testi stampati, disegni, progetti, pergamene, mappe, monete e medaglie che sono testimoni della storia del Vecchio Continente può essere apprezzata nella mostra “Conoscere la Biblioteca Vaticana: una storia aperta al futuro”.

    L'esposizione, presentata questo martedì mattina durante una conferenza stampa nella Santa Sede, verrà inaugurata questo mercoledì nel Braccio di Carlo Magno, al lato sinistro del colonnato del Bernini in Piazza San Pietro, e durerà fino a fine gennaio.

    L'obiettivo della mostra è far conoscere al pubblico la storia e i tesori della Biblioteca Vaticana, visto che questa è riservata a un pubblico esclusivo. L'esposizione si inserisce in una serie di eventi che celebrano la sua riapertura, dopo una chiusura di tre anni per motivi di restauro, messa in sicurezza e modernizzazione.

    L'esposizione è organizzata dall'Opera Romana Pellegrinaggi, dipendente dal Vicariato di Roma, organo della Santa Sede, e ha il sostegno del Comune e della Provincia di Roma e della Regione Lazio.

    Guardare e imparare

    Per monsignor Cesare Pasini, Prefetto della Biblioteca Apostolica, “i numerosi materiali esposti in originale o in facsimile o in riproduzione” “permettono un primo assaggio all'interno dell'immenso scrigno che è la Biblioteca Apostolica Vaticana”.

    Il visitatore della mostra, oltre a conoscere la storia della Biblioteca Apostolica Vaticana grazie al sostegno multimediale e al servizio di audioguida disponibile in varie lingue, potrà apprezzare alcuni dei tesori più importanti che vi sono ospitati.

    ZENIT era presente alla visita guidata realizzata per i giornalisti, nella quale una delle guide dell'Opera Romana Pellegrinaggi ha affermato che nell'esposizione si trova l'originale del Papiro Bodmer, scritto nei primi anni del III secolo e che nel 2006 è stato donato a Papa Benedetto XVI dalla Fondazione Sally and Frank Hanna Family. Si tratta del manoscritto più antico che contiene due Vangeli (quelli di Luca e Giovanni).

    Si possono ammirare anche manoscritti di personaggi come Michelangelo e Martin Lutero, e disegni di Botticelli sulla Divina Commedia, testi di Dante, Petrarca, omelie mariane del VII secolo, una trascrizione della Bibbia del X secolo e un lezionario melchita del IX.

    “La Mostra vuol far conoscere la Biblioteca Vaticana a coloro che non hanno il privilegio di frequentarla. Ma non solo: vuol farla conoscere meglio anche ai suoi utenti abituali”, ha detto il Cardinale Raffaele Farina, Bibliotecario di Santa Romana Chiesa. “E, soprattutto, vuole avvicinarli all’attività quotidiana, che si svolge fuori dalle sale di consultazione”.

    La Biblioteca Vaticana è stata fondata nel 1451 da Papa Niccolò V, che ha voluto riunire i libri che si usavano in quel momento nella Santa Sede.

    Oggi comprende 1.600.000 libri stampati, 80.000 manoscritti, 100.000 unità d'archivio, 8.400 incunaboli, circa 300.000 tra monete e medaglie, 150.000 tra stampe, disegni e mappe e circa 150.000 fotografie.

    Durante i tre anni di restauro, a ogni libro è stato collegato un sistema di radiolocalizzazione, per cui ogni volume ha un chip con i dati del testo, affinché – nel caso in cui vada smarrito – il sistema lo ritrovi e possa essere ricollocato al suo posto.

    E' stata restaurata anche la struttura fisica della Biblioteca e tutto ciò che presentava qualche forma di deterioramento. In occasione della riapertura, si svolgerà a Roma dall'11 al 13 novembre il congresso “La Biblioteca Apostolica Vaticana come luogo di ricerca e come istituzione al servizio degli studiosi”.

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    00 16/11/2010 00:24
    "Caritas in Veritate", anche nel mondo sanitario
    Mons. Zimowski: si ponga fine alle disuguaglianze nell'assistenza medica

    di Carmen Elena Villa


    CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 15 novembre 2010 (ZENIT.org).- Per il Presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, monsignor Zygmunt Zimowski, “le attuali diseguaglianze nell’assistenza sanitaria esigono che si intraprenda un’azione coraggiosa senza indugio”.

    Il presule lo ha affermato questa mattina durante una conferenza stampa nella Santa Sede, nella quale è stata presentata la XXV conferenza internazionale “Per una cura della salute equa ed umana alla luce della Enciclica Caritas in Veritate”.

    L'evento accademico si svolgerà il 18 e il 19 novembre a Roma. Tra i relatori figurano i Cardinali Tarcisio Bertone, Segretario di Stato vaticano, Renato Raffaele Martino, Presidente emerito del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, e il titolare di questo dicastero, il Cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson.

    Monsignor Zimowski ha affermato che risulta sempre più difficile “conciliare il progresso economico, scientifico e tecnico con la persistente disparità di accesso ai servizi sanitari, che è un diritto umano fondamentale”.

    Allo stesso modo, ha denunciato le “continue ineguaglianze tra i sistemi sanitari dei Paesi ricchi e quelli dei Paesi in via di sviluppo, e peggio ancora di quelli cosiddetti meno sviluppati”.

    Il presule ha inoltre rimarcato come all'interno degli stessi Paesi ricchi esistano “ampie differenze nell’accesso alle cure sanitarie”.

    “Molti poveri ed emarginati non hanno accesso ai farmaci e ad altre tecnologie salvavita, a causa dei costi inaccessibili o delle scarse infrastrutture sanitarie esistenti nelle loro Nazioni”, ha lamentato.

    Questa conferenza, guidata dai passi della “Caritas in Veritate” dedicati al tema della salute, “esaminerà, tra l’altro, le prospettive basilari per una promozione equa e più umana della salute”, ha detto monsignor Zimowski.

    Per il professor Domenico Adruni, ordinario di Ginecologia e Ostetricia, questo evento vuole “riportare l’uomo, il paziente, al centro del nostro interesse”, e prendere così coscienza del fatto che “qualcosa sta mancando nelle Nazioni piú avanzate e anche nelle più sfortunate, ma forse più fortunate dal punto di vista umano, che chiedono sempre cure migliori”.

    Padre P. Maurizio Faggioni, O.F.M., docente di Bioetica all'Accademia Alfonsiana di Roma, ha affermato dal canto suo che la conferenza vuole mostrare il tema della salute come “un diritto naturale, umano, fondato sulla persona, la dignità, sul guardare all'altro”.

    Alcune statistiche sul tema sono state presentate dal sottosegretario del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, monsignor Jean-Marie Mpendawatu: “mentre in Italia le nascite assistite da personale sanitario qualificato sono il 99%, se andiamo in Etiopia il 6% delle donne in gravidanza ha questa possibilità, in Uganda il 42% e in Laos il 20%”.

    Monsignor Zimowski ha quindi espresso l'auspicio che questa conferenza “faccia luce sui modi di migliorare l’accesso alla tanto desiderata parità di assistenza sanitaria di base, che sia allo stesso tempo rispettosa della dignità inalienabile dell’uomo”.

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    00 17/11/2010 00:18
    Il 23 novembre, presentazione del libro-intervista con Benedetto XVI


    ROMA, martedì, 16 novembre 2010 (ZENIT.org).- Martedì prossimo 23 novembre, alle ore 10.30, nella Sala Stampa della Santa Sede, si terrà la conferenza stampa di presentazione del libro: “Luce del Mondo. Il Papa, la Chiesa, i segni dei tempi. Una conversazione di Benedetto XVI con Peter Seewald” (Libreria Editrice Vaticana).

    Interverranno mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova Evangelizzazione, e il giornalista Luigi Accattoli. Saranno presenti il dott. Peter Seewald, autore dell’intervista e don Giuseppe Costa, direttore della Libreria Editrice Vaticana.


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    00 22/11/2010 01:42
    Rivelazioni del libro-intervista di Benedetto XVI
    “L'Osservatore Romano” anticipa stralci della conversazione con lo scrittore Seewald



    CITTA' DEL VATICANO, domenica, 21 novembre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo gli stralci anticipati nella sua edizione italiana di questa domenica da “L'Osservatore Romano” del libro “Luce del mondo” (pagine 284, euro 19,50), che raccoglie la conversazione di Benedetto XVI con il giornalista e scrittore tedesco Peter Seewald, edito in italiano dalla Libreria Editrice Vaticana, che uscirà in contemporanea in altre lingue il prossimo 23 novembre con il sottotitolo “Il Papa, la Chiesa e i segni dei tempi”.

    * * *

    La gioia del cristianesimo

    Tutta la mia vita è sempre stata attraversata da un filo conduttore, questo: il cristianesimo dà gioia, allarga gli orizzonti. In definitiva un'esistenza vissuta sempre e soltanto "contro" sarebbe insopportabile.

    Un mendicante

    Per quel che riguarda il Papa, anche lui è un povero mendicante davanti a Dio, ancora più degli altri uomini. Naturalmente prego innanzitutto sempre il Signore, al quale sono legato, per così dire, da antica amicizia. Ma invoco anche i santi. Sono molto amico di Agostino, di Bonaventura e di Tommaso d'Aquino. A loro quindi dico: "Aiutatemi"! La Madre di Dio, poi, è sempre e comunque un grande punto di riferimento. In questo senso, mi inserisco nella Comunione dei Santi. Insieme a loro, rafforzato da loro, parlo poi anche con il Dio buono, soprattutto mendicando, ma anche ringraziando; o contento, semplicemente.

    Le difficoltà

    L'avevo messo nel conto. Ma innanzitutto bisognerebbe essere molto cauti con la valutazione di un Papa, se sia significativo o meno, quando è ancora in vita. Solo in un secondo momento si può riconoscere quale posto, nella storia nel suo insieme, ha una determinata cosa o persona. Ma che l'atmosfera non sarebbe stata sempre gioiosa era evidente in considerazione dell'attuale costellazione mondiale, con tutte le forze di distruzione che ci sono, con tutte le contraddizioni che in essa vivono, con tutte le minacce e gli errori. Se avessi continuato a ricevere soltanto consensi, avrei dovuto chiedermi se stessi veramente annunciando tutto il Vangelo.

    Lo shock degli abusi

    I fatti non mi hanno colto di sorpresa del tutto. Alla Congregazione per la Dottrina della Fede mi ero occupato dei casi americani; avevo visto montare anche la situazione in Irlanda. Ma le dimensioni comunque furono uno shock enorme. Sin dalla mia elezione al Soglio di Pietro avevo ripetutamente incontrato vittime di abusi sessuali. Tre anni e mezzo fa, nell'ottobre 2006, in un discorso ai vescovi irlandesi avevo chiesto loro di "stabilire la verità di ciò che è accaduto in passato, prendere tutte le misure atte ad evitare che si ripeta in futuro, assicurare che i principi di giustizia vengano pienamente rispettati e, soprattutto, guarire le vittime e tutti coloro che sono colpiti da questi crimini abnormi".

    Vedere il sacerdozio improvvisamente insudiciato in questo modo, e con ciò la stessa Chiesa Cattolica, è stato difficile da sopportare. In quel momento era importante però non distogliere lo sguardo dal fatto che nella Chiesa il bene esiste, e non soltanto queste cose terribili.

    I media e gli abusi

    Era evidente che l'azione dei media non fosse guidata solamente dalla pura ricerca della verità, ma che vi fosse anche un compiacimento a mettere alla berlina la Chiesa e, se possibile, a screditarla. E tuttavia era necessario che fosse chiaro questo: sin tanto che si tratta di portare alla luce la verità, dobbiamo essere riconoscenti. La verità, unita all'amore inteso correttamente, è il valore numero uno. E poi i media non avrebbero potuto dare quei resoconti se nella Chiesa stessa il male non ci fosse stato. Solo perché il male era dentro la Chiesa, gli altri hanno potuto rivolgerlo contro di lei.

    Il progresso

    Emerge la problematicità del termine "progresso". La modernità ha cercato la propria strada guidata dall'idea di progresso e da quella di libertà. Ma cos'è il progresso? Oggi vediamo che il progresso può essere anche distruttivo. Per questo dobbiamo riflettere sui criteri da adottare affinché il progresso sia veramente progresso.

    Un esame di coscienza

    Al di là dei singoli piani finanziari, un esame di coscienza globale è assolutamente inevitabile. E a questo la Chiesa ha cercato di contribuire con l'enciclica Caritas in veritate. Non dà risposte a tutti i problemi. Vuole essere un passo in avanti per guardare le cose da un altro punto di vista, che non sia soltanto quello della fattibilità e del successo, ma dal punto di vista secondo cui esiste una normatività dell'amore per il prossimo che si orienta alla volontà di Dio e non soltanto ai nostri desideri. In questo senso dovrebbero essere dati degli impulsi perché realmente avvenga una trasformazione delle coscienze.

    La vera intolleranza

    La vera minaccia di fronte alla quale ci troviamo è che la tolleranza venga abolita in nome della tolleranza stessa. C'è il pericolo che la ragione, la cosiddetta ragione occidentale, sostenga di avere finalmente riconosciuto ciò che è giusto e avanzi così una pretesa di totalità che è nemica della libertà. Credo necessario denunciare con forza questa minaccia. Nessuno è costretto ad essere cristiano. Ma nessuno deve essere costretto a vivere secondo la "nuova religione", come fosse l'unica e vera, vincolante per tutta l'umanità.

    Moschee e burqa

    I cristiani sono tolleranti ed in quanto tali permettono anche agli altri la loro peculiare comprensione di sé. Ci rallegriamo del fatto che nei Paesi del Golfo arabo (Qatar, Abu Dhabi, Dubai, Quwait) ci siano chiese nelle quali i cristiani possono celebrare la Messa e speriamo che così accada ovunque. Per questo è naturale che anche da noi i musulmani possano riunirsi in preghiera nelle moschee.
    Per quanto riguarda il burqa, non vedo ragione di una proibizione generalizzata. Si dice che alcune donne non lo portino volontariamente ma che in realtà sia una sorta di violenza imposta loro. È chiaro che con questo non si può essere d'accordo. Se però volessero indossarlo volontariamente, non vedo perché glielo si debba impedire.

    Cristianesimo e modernità

    L'essere cristiano è esso stesso qualcosa di vivo, di moderno, che attraversa, formandola e plasmandola, tutta la mia modernità, e che quindi in un certo senso veramente la abbraccia.
    Qui è necessaria una grande lotta spirituale, come ho voluto mostrare con la recente istituzione di un "Pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione". È importante che cerchiamo di vivere e di pensare il Cristianesimo in modo tale che assuma la modernità buona e giusta, e quindi al contempo si allontani e si distingua da quella che sta diventando una contro-religione.

    Ottimismo

    Lo si potrebbe pensare guardando con superficialità e restringendo l'orizzonte al solo mondo occidentale. Ma se si osserva con più attenzione - ed è quello che mi è possibile fare grazie alle visite dei vescovi di tutto il mondo e anche ai tanti altri incontri - si vede che il cristianesimo in questo momento sta sviluppando anche una creatività del tutto nuova [...]

    La burocrazia è consumata e stanca. Sono iniziative che nascono dal di dentro, dalla gioia dei giovani. Il cristianesimo forse assumerà un volto nuovo, forse anche un aspetto culturale diverso. Il cristianesimo non determina l'opinione pubblica mondiale, altri ne sono alla guida. E tuttavia il cristianesimo è la forza vitale senza la quale anche le altre cose non potrebbero continuare ad esistere. Perciò, sulla base di quello che vedo e di cui riesco a fare personale esperienza, sono molto ottimista rispetto al fatto che il cristianesimo si trovi di fronte ad una dinamica nuova.

    La droga

    Tanti vescovi, soprattutto quelli dell'America Latina, mi dicono che là dove passa la strada della coltivazione e del commercio della droga - e questo avviene in gran parte di quei paesi - è come se un animale mostruoso e cattivo stendesse la sua mano su quel paese per rovinare le persone. Credo che questo serpente del commercio e del consumo di droga che avvolge il mondo sia un potere del quale non sempre riusciamo a farci un'idea adeguata. Distrugge i giovani, distrugge le famiglie, porta alla violenza e minaccia il futuro di intere nazioni.

    Anche questa è una terribile responsabilità dell'Occidente: ha bisogno di droghe e così crea paesi che gli forniscono quello che poi finirà per consumarli e distruggerli. È sorta una fame di felicità che non riesce a saziarsi con quello che c'è; e che poi si rifugia per così dire nel paradiso del diavolo e distrugge completamente l'uomo.

    Nella vigna del Signore

    In effetti avevo una funzione direttiva, però non avevo fatto nulla da solo e ho lavorato sempre in squadra; proprio come uno dei tanti operai nella vigna del Signore che probabilmente ha fatto del lavoro preparatorio, ma allo stesso tempo è uno che non è fatto per essere il primo e per assumersi la responsabilità di tutto. Ho capito che accanto ai grandi Papi devono esserci anche Pontefici piccoli che danno il proprio contributo. Così in quel momento ho detto quello che sentivo veramente [...]
    Il concilio Vaticano II ci ha insegnato, a ragione, che per la struttura della Chiesa è costitutiva la collegialità; ovvero il fatto che il Papa è il primo nella condivisione e non un monarca assoluto che prende decisioni in solitudine e fa tutto da sé.

    L'ebraismo

    Senza dubbio. Devo dire che sin dal primo giorno dei miei studi teologici mi è stata in qualche modo chiara la profonda unità fra Antica e Nuova Alleanza, tra le due parti della nostra Sacra Scrittura. Avevo compreso che avremmo potuto leggere il Nuovo Testamento soltanto insieme con ciò che lo ha preceduto, altrimenti non lo avremmo capito. Poi naturalmente quanto accaduto nel Terzo Reich ci ha colpito come tedeschi e tanto più ci ha spinto a guardare al popolo d'Israele con umiltà, vergogna e amore.

    Nella mia formazione teologica queste cose si sono intrecciate ed hanno segnato il percorso del mio pensiero teologico. Dunque era chiaro per me - ed anche qui in assoluta continuità con Giovanni Paolo II - che nel mio annuncio della fede cristiana doveva essere centrale questo nuovo intrecciarsi, amorevole e comprensivo, di Israele e Chiesa, basato sul rispetto del modo di essere di ognuno e della rispettiva missione [...]

    Comunque, a quel punto, anche nella antica liturgia mi è sembrato necessario un cambiamento. Infatti, la formula era tale da ferire veramente gli ebrei e di certo non esprimeva in modo positivo la grande, profonda unità fra Vecchio e Nuovo Testamento.

    Per questo motivo ho pensato che nella liturgia antica fosse necessaria una modifica, in particolare, come ho detto, in riferimento al nostro rapporto con gli amici ebrei. L'ho modificata in modo tale che vi fosse contenuta la nostra fede, ovvero che Cristo è salvezza pertutti. Che non esistono due vie di salvezza e che dunque Cristo è anche il Salvatore degli ebrei, e non solo dei pagani. Ma anche in modo tale che non si pregasse direttamente per la conversione degli ebrei in senso missionario, ma perché il Signore affretti l'ora storica in cui noi tutti saremo uniti. Per questo gli argomenti utilizzati da una serie di teologi polemicamente contro di me sono avventati e non rendono giustizia a quanto fatto.

    Pio XII

    Pio XII ha fatto tutto il possibile per salvare delle persone. Naturalmente ci si può sempre chiedere: "Perché non ha protestato in maniera più esplicita"? Credo che abbia capito quali sarebbero state le conseguenze di una protesta pubblica. Sappiamo che per questa situazione personalmente ha sofferto molto. Sapeva che in sé avrebbe dovuto parlare, ma la situazione glielo impediva.
    Ora, persone più ragionevoli ammettono che Pio XII ha salvato molte vite ma sostengono che aveva idee antiquate sugli ebrei e che non era all'altezza del Concilio Vaticano II. Il problema tuttavia non è questo. L'importante è ciò che ha fatto e ciò che ha cercato di fare, e credo che bisogna veramente riconoscere che è stato uno dei grandi giusti e che, come nessun altro, ha salvato tanti e tanti ebrei.

    La sessualità

    Concentrarsi solo sul profilattico vuol dire banalizzare la sessualità, e questa banalizzazione rappresenta proprio la pericolosa ragione per cui tante e tante persone nella sessualità non vedono più l'espressione del loro amore, ma soltanto una sorta di droga, che si somministrano da sé. Perciò anche la lotta contro la banalizzazione della sessualità è parte del grande sforzo affinché la sessualità venga valutata positivamente e possa esercitare il suo effetto positivo sull'essere umano nella sua totalità.

    Vi possono essere singoli casi giustificati, ad esempio quando una prostituta utilizza un profilattico, e questo può essere il primo passo verso una moralizzazione, un primo atto di responsabilità per sviluppare di nuovo la consapevolezza del fatto che non tutto è permesso e che non si può far tutto ciò che si vuole. Tuttavia, questo non è il modo vero e proprio per vincere l'infezione dell'Hiv. È veramente necessaria una umanizzazione della sessualità.

    La Chiesa

    Paolo dunque non intendeva la Chiesa come istituzione, come organizzazione, ma come organismo vivente, nel quale tutti operano l'uno per l'altro e l'uno con l'altro, essendo uniti a partire da Cristo. È un'immagine, ma un'immagine che conduce in profondità e che è molto realistica anche solo per il fatto che noi crediamo che nell'Eucaristia veramente riceviamo Cristo, il Risorto. E se ognuno riceve il medesimo Cristo, allora veramente noi tutti siamo riuniti in questo nuovo corpo risorto come il grande spazio di una nuova umanità. È importante capire questo, e dunque intendere la Chiesa non come un apparato che deve fare di tutto - pure l'apparato le appartiene, ma entro dei limiti - bensì come organismo vivente che proviene da Cristo stesso.

    L'Humanae vitae

    Le prospettive della "Humanae vitae" restano valide, ma altra cosa è trovare strade umanamente percorribili. Credo che ci saranno sempre delle minoranze intimamente persuase della giustezza di quelle prospettive e che, vivendole, ne rimarranno pienamente appagate così da diventare per altri affascinante modello da seguire. Siamo peccatori. Ma non dovremmo assumere questo fatto come istanza contro la verità, quando cioè quella morale alta non viene vissuta. Dovremmo cercare di fare tutto il bene possibile, e sorreggerci e sopportarci a vicenda. Esprimere tutto questo anche dal punto di vista pastorale, teologico e concettuale nel contesto dell'attuale sessuologia e ricerca antropologica è un grande compito al quale bisogna dedicarsi di più e meglio.

    Le donne

    La formulazione di Giovanni Paolo II è molto importante: "La Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l'ordinazione sacerdotale". Non si tratta di non volere ma di non potere. Il Signore ha dato una forma alla Chiesa con i Dodici e poi con la loro successione, con i vescovi ed i presbiteri (i sacerdoti). Non siamo stati noi a creare questa forma della Chiesa, bensì è costitutiva a partire da Lui. Seguirla è un atto di obbedienza, nella situazione odierna forse uno degli atti di obbedienza più gravosi. Ma proprio questo è importante, che la Chiesa mostri di non essere un regime dell'arbitrio. Non possiamo fare quello che vogliamo. C'è invece una volontà del Signore per noi, alla quale ci atteniamo, anche se questo è faticoso e difficile nella cultura e nella civiltà di oggi.

    Tra l'altro, le funzioni affidate alle donne nella Chiesa sono talmente grandi e significative che non può parlarsi di discriminazione. Sarebbe così se il sacerdozio fosse una specie di dominio, mentre al contrario deve essere completamente servizio. Se si dà uno sguardo alla storia della Chiesa, allora ci si accorge che il significato delle donne - da Maria a Monica sino a Madre Teresa - è talmente eminente che per molti versi le donne definiscono il volto della Chiesa più degli uomini.

    I novissimi

    È una questione molto seria. La nostra predicazione, il nostro annunzio effettivamente è ampiamente orientato, in modo unilaterale, alla creazione di un mondo migliore, mentre il mondo realmente migliore quasi non è più menzionato. Qui dobbiamo fare un esame di coscienza. Certo, si cerca di venire incontro all'uditorio, di dire loro quello che è nel loro orizzonte. Ma il nostro compito è allo stesso tempo sfondare quest'orizzonte, ampliarlo, e di guardare alle cose ultime.
    I novissimi sono come pane duro per gli uomini di oggi. Gli appaiono irreali. Vorrebbero al loro posto risposte concrete per l'oggi, soluzioni per le tribolazioni quotidiane. Ma sono risposte che restano a metà se non permettono anche di presentire e riconoscere che io mi estendo oltre questa vita materiale, che c'è il giudizio, e che c'è la grazia e l'eternità. In questo senso dobbiamo anche trovare parole e modi nuovi, per permettere all'uomo di sfondare il muro del suono del finito.

    La venuta di Cristo

    È importante che ogni epoca stia presso il Signore. Che anche noi stessi, qui ed ora, siamo sotto il giudizio del Signore e ci lasciamo giudicare dal suo tribunale. Si discuteva di una duplice venuta di Cristo, una a Betlemme ed una alla fine dei tempi, sino a quando san Bernardo di Chiaravalle parlò di un Adventus medius, di una venuta intermedia, attraverso la quale sempre Egli periodicamente entra nella storia.


    Credo che abbia preso la tonalità giusta. Noi non possiamo stabilire quando il mondo finirà. Cristo stesso dice che nessuno lo sa, nemmeno il Figlio. Dobbiamo però rimanere per così dire sempre presso la sua venuta, e soprattutto essere certi che, nelle pene, Egli è vicino. Allo stesso tempo dovremmo sapere che per le nostre azioni siamo sotto il suo giudizio.





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    00 23/11/2010 00:33
    Perché Benedetto XVI viene a volte attaccato e a volte ascoltato?
    Aldo Maria Valli analizza alcuni scandali mediatici contro il Papa

    di Carmen Elena Villa


    ROMA, lunedì, 22 novembre 2010 (ZENIT.org).- Riferendosi al libro-intervista di Peter Seewald a Papa Benedetto XVI “Luce del mondo”, che verrà presentato questo martedì nella Sala Stampa della Santa Sede e dedica un passo all'uso del preservativo, il giornalista e scrittore Aldo Maria Valli ha affermato che in esso “il Papa non sostiene nulla di nuovo”.

    “Nuova è semmai la forma, molto chiara, con la quale il Papa esprime il suo pensiero”, ha spiegato Valli, autore del libro “La verità del Papa. Perché lo attaccano, perché va ascoltato”. “Si tratta della dottrina del male minore”, ha puntualizzato parlando con ZENIT.

    L'atteggiamento dei media di concentrare l'attenzione su questa pagina, ha osservato, “rischia di oscurare il resto del libro, nel quale il Papa fa capire molto bene come vive il suo mandato (come un servitore, non come un leader) e qual è lo scopo ultimo della sua missione: riavvicinare l'uomo a Dio”.

    Attacchi e manipolazioni

    Perché il contenuto del messaggio del Papa viene spesso ridotto ai temi più scottanti per l'opinione pubblica? Perché il Pontefice viene attaccato tante volte, il suo messaggio viene manipolato e le frasi estrapolate dal contesto?

    “Perché è un Papa, un pastore, e un intellettuale e un uomo di cultura che parla di verità”, ha affermato Valli. Un secondo motivo è perché “parla di giustizia”. “Spetta a noi tutti, credenti e non credenti, interrogarci su questo tema”.

    Benedetto XVI è un Pontefice che a volte risulta pericoloso per l'opinione pubblica, “per chi non vuole che esista la verità dell'uomo, per chi non vuole che ci sia una giustizia sociale”.

    Nemico della ragione?

    Non di rado, Benedetto XVI è dipinto come un Papa fideista e chiuso al dialogo. Valli, tuttavia, sottolinea in lui l'opposto: l'apertura nei suoi discorsi al tema della ragione, uno dei principali punti forti del suo pontificato.

    “Ci sta facendo una proposta di fondamentale importanza per noi, i nostri figli, i nostri nipoti, per il destino della nostra società moderna”, ha commentato il vaticanista.

    “Il Papa chiede alla cultura contemporanea occidentale di riflettere sul problema del divorzio tra libertà e verità e punta l’attenzione sulla ragione umana, articolando la proposta del Magistero”, ha aggiunto.

    E' un tema che tocca “costantemente anche nei suoi viaggi all'estero”, risvegliando un “desiderio di conoscenza”, anche se il suo discorso può risultare “altamente destabilizzante per chi vuole il relativismo, per chi pensa che la Chiesa non collabora”.

    Valli ha confessato che, come giornalista, ha il “grande compito” di “ricercare sempre la verità”. “Probabilmente non la raggiungeremo mai in termini umani, però questa tensione verso la verità fa parte di noi”, ha riconosciuto.

    “Contribuire a stabilire la verità è un'opera dalla quale mi sono sentito attirato, nonostante le difficoltà e gli attacchi che uno riceve”.

    Un Papa impopolare?

    Aldo Maria Valli si è anche riferito al paragone compiuto non poche volte dai media tra il carisma di Giovanni Paolo II e il carattere riservato di Benedetto XVI. E' una “posizione scorretta, dalla quale noi cattolici dobbiamo guardarci”, ha avvertito.

    “E' vero che Benedetto XVI non è un personaggio nel senso mediatico del termine”. “E' un uomo mite, un uomo riservato e addirittura timido”, “un tedesco che sta molto bene in compagnia dei suoi libri e che è quasi disarmato nei confronti degli altri, tutto il contrario del suo predecessore, che invece viveva volentieri tra le grande folle, stava volentieri sul palco”. “Questo è l'uomo Ratzinger”.

    Ciò, secondo Valli, porta anche ad alcuni vantaggi: “Ci spinge a usare altri strumenti per conoscerlo, come la lettura dei suoi testi”, i testi di un uomo con una “grandissima lucidità” e “maturazione interiore”.

    Le parole di Ratzinger, ha concluso Valli, sono “veramente per tutti, soprattutto per i nostri figli e per il destino della loro vita. Non a caso ha chiesto che possa avvenire un grande confronto tra la cultura di tipo religioso e di tipo ateo”.


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    00 25/11/2010 00:42
    Possibile scomunica per il Vescovo consacrato senza mandato in Cina
    La Santa Sede si riserva di valutare la validità o meno dell'ordinazione



    CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 24 novembre 2010 (ZENIT.org).- L'ordinazione di Joseph Guo Jincai come Vescovo di Chendge (Cina) senza mandato apostolico rappresenta una “dolorosa ferita” per la Chiesa e potrebbe avere gravi conseguenze per tutte le persone coinvolte.

    Lo ha affermato questo mercoledì la Santa Sede in un comunicato in cui fa capire che si sta analizzando la possibile scomunica di padre Guo Jincai e dei Vescovi coinvolti nell'atto di consacrazione e la valutazione della possibile invalidità dell'atto stesso.

    Il comunicato afferma che Papa Benedetto XVI ha ricevuto con “profondo rammarico” la notizia, perché questa decisione delle autorità cinesi contraddice l'“atmosfera di rispetto faticosamente creata con la Santa Sede e con la Chiesa cattolica attraverso le recenti ordinazioni episcopali”.

    “La suddetta ordinazione episcopale è stata conferita senza il mandato apostolico e, perciò, rappresenta una dolorosa ferita alla comunione ecclesiale e una grave violazione della disciplina cattolica”.

    La Santa Sede ha voluto aspettare di raccogliere informazioni sull'accaduto prima di diffondere il comunicato.

    Nel testo, constata di essere consapevole del fatto che vari Vescovi che hanno conferito l'ordinazione “sono stati sottoposti a pressioni e a restrizioni della propria libertà di movimento, allo scopo di forzarli a partecipare e a conferire l’ordinazione episcopale”.

    Ciò, afferma la Santa Sede, costituisce “una grave violazione della libertà di religione e di coscienza”.

    “La Santa Sede si riserva di valutare approfonditamente l’accaduto, tra l’altro sotto il profilo della validità e per quanto riguarda la posizione canonica dei Vescovi coinvolti”.

    In ogni caso, precisa il comunicato, con questa ordinazione illegittima sia padre Guo Jincai che i Vescovi che vi hanno partecipato potrebbero incorrere nella pena di scomunica, in base al canone 1382 del Diritto Canonico.

    Tale canone afferma che “il Vescovo che senza mandato pontificio consacra qualcuno Vescovo e chi da esso ricevette la consacrazione incorrono nella scomunica latae sententiae riservata alla Sede Apostolica”.

    Questo fatto, inoltre, pone “in una condizione assai delicata e difficile” i fedeli di Chendge, anche sotto il profilo canonico”, e “li umilia, perché le Autorità civili cinesi vogliono imporre loro un Pastore che non è in piena comunione, né con il Santo Padre né con gli altri Vescovi sparsi nel mondo”.

    Dialogo difficile

    In particolare, il comunicato lamenta il fatto che questa decisione “unilaterale” delle autorità cinesi sia stata presa a costo del grande sforzo che si stava compiendo per “superare le difficoltà e normalizzare i rapporti”.

    “Più volte, durante l’anno corrente, la Santa Sede ha comunicato con chiarezza alle Autorità cinesi la propria opposizione all’ordinazione episcopale del Rev.do Giuseppe Guo Jincai”, ribadisce.

    “Nonostante ciò, dette Autorità hanno deciso di procedere unilateralmente”, denuncia.

    “Tale pretesa di mettersi al di sopra dei Vescovi e di guidare la vita della comunità ecclesiale non corrisponde alla dottrina cattolica, offende il Santo Padre, la Chiesa in Cina e la Chiesa universale, e rende più intricate le difficoltà pastorali esistenti”.

    Il testo aggiunge che la Santa Sede ribadisce la propria disponibilità al dialogo, ma “constata con rammarico che le Autorità lasciano alla dirigenza dell’Associazione Patriottica Cattolica Cinese, sotto l’influenza del Sig. Liu Bainian, assumere atteggiamenti che danneggiano gravemente la Chiesa cattolica e ostacolano detto dialogo”.

    Conclude quindi assicurando ai cattolici cinesi la preghiera e la solidarietà spirituale del resto della Chiesa, auspicando che il Signore della storia “sia loro vicino, accresca la loro speranza e fortezza, e doni loro consolazione nei momenti della prova”.



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    00 26/11/2010 00:40
    Filippine: da terra di missione a potenziale agente evangelizzatore
    I Vescovi del Paese a Roma in visita ad limina apostolorum



    CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 25 novembre 2010 (ZENIT.org).- Con quasi 74 milioni di fedeli, l'81,5% della popolazione, le Filippine hanno più fedeli cattolici di qualsiasi Paese europeo. Hanno oggi 54 Diocesi e 16 Arcidiocesi.

    I suoi Vescovi hanno iniziato questo giovedì la loro visita ad limina apostolorum a Roma, in cui visitano i vari dicasteri, presentano i propri rapporti sul lavoro che svolgono nelle rispettive Diocesi e hanno un'udienza con il Papa.

    Visto che la fede cattolica assume una forza sempre maggiore nel Paese, negli ultimi anni la missione della Chiesa nella sfera pubblica ha assunto un ruolo più rilevante.

    Vescovi, sacerdoti, religiosi e laici sono stati non poche volte la coscienza critica di fronte ai mali che affliggono questa società, come la povertà, la corruzione e l'instabilità. Hanno invitato a vivere valori come la democrazia, la trasparenza e una retta vita morale.

    La voce della Chiesa è stata un importante punto di riferimento in momenti della vita nazionale caratterizzati da scandali di corruzione e tentativi di colpi di Stato.

    I Vescovi filippini si sono pronunciati in varie occasioni contro le soluzioni violente, lanciando un appello a un serio discernimento e dando criteri di trasparenza, giustizia e preghiera comune.

    C'è anche una costante partecipazione dei presuli al dibattito pubblico su questioni come l'aborto, la pena di morte e la pace. “In parte siamo ascoltati”, ha detto alla “Radio Vaticana” monsignor Nereo Odchimar, Vescovo di Tandag e presidente della Conferenza Episcopale Filippina.

    “Ci sono anche persone che, soprattutto attraverso i media, appoggiano la promozione del controllo artificiale delle nascite”, ha segnalato il presule. “La nostra Conferenza Episcopale è impegnata a far conoscere la posizione della Chiesa cattolica”.

    Il laico e la sua missione

    Monsignor Tandag si è anche riferito ai laici che si impegnano su temi come la famiglia, il valore e la dignità della persona e il rispetto dei diritti umani.

    “Un’attenzione particolare viene data alla famiglia”, ha detto, “per preservarla dai pericoli di frammentazione favorita dalla forte emigrazione e dagli attacchi che vengono da aborto, divorzio e modelli di vita consumistici”.

    Ha quindi spiegato alcune iniziative dei laici: “ci sono medici che spiegano i limiti delle argomentazioni a favore della legge sulla salute riproduttiva da un punto di vista scientifico, o giuristi che difendono la posizione della Chiesa a favore della vita”.

    “Nelle nostre parrocchie stiamo promuovendo programmi a sostegno della famiglia e abbiamo organizzazioni laicali impegnate a educare la gente comune sui metodi naturali di controllo delle nascite”, ha aggiunto.

    Una delle grandi sfide che affronta la Chiesa nel Paese è rappresentata dalle sette. Molte di queste vengono dal Nordamerica e proliferano soprattutto nelle zone periferiche delle grandi città.

    Per questo, la Conferenza Episcopale Filippina ha istituito una commissione per l'ecumenismo, per dialogare con i cristiani non cattolici: “Lavoriamo insieme soprattutto su questioni sociali, come ad esempio la riforma agraria”, ha detto monsignor Odchimar.

    La storia della Chiesa del Paese è iniziata nel 1565 con l'arrivo dei missionari spagnoli: sbarcati a Cebu, hanno dato inizio a un lungo periodo di colonizzazione ed evangelizzazione, i cui frutti oggi sono quelli di una Nazione a maggioranza cattolica, attiva e dinamica.


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    00 23/12/2010 00:41
    Il Natale del Papa si potrà seguire in alta definizione su Internet

    CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 22 dicembre 2010 (ZENIT.org).- In queste feste di Natale, le celebrazioni liturgiche presiedute da Papa Benedetto XVI potranno essere seguite in diretta audio/video e in alta definizione.

    In occasione delle festività natalizie, infatti, i siti Internet della Radio Vaticana (www.radiovaticana.org), del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali (www.pccs.va) e il sito www.pope2you.net, in stretta collaborazione con il Centro Televisivo Vaticano e grazie all’accordo con Telecom Italia, offriranno un nuovo servizio agli utenti Internet.

    In questo modo, si potranno seguire la cronaca radiofonica della Messa di mezzanotte, venerdì 24 dicembre, a partire dalle 22.00, il messaggio di Natale con la benedizione Urbi et Orbi il 25 dicembre a mezzogiorno e la Messa per la Giornata Mondiale della Pace, il 1° gennaio alle 10.00.

    Le cronache delle dirette saranno disponibili in 6 lingue: italiano, francese, inglese, tedesco, spagnolo e portoghese. Per la veglia del 24 dicembre verrà offerto anche un commento in cinese, per la celebrazione del 1° gennaio in arabo. Sarà inoltre disponibile un canale senza commenti, con solo l'audio in presa diretta.

    La trasmissione potrà essere seguita su www.radiovaticana.org, scegliendo l'opzione “Audio video player”, dove si potrà visitare anche l'area “Vatican Tic”, che permette di visualizzare le notizie sul calendario delle attività del Santo Padre.

    Il servizio si basa sulla piattaforma tecnologica Content Delivery Network di Telecom Italia, che consente la distribuzione veloce ed efficiente dei contenuti multimediali rendendoli fruibili via web e iPhone in tutti i Paesi del mondo.

    L’utilizzo della piattaforma consente inoltre la diffusione ottimale dei contenuti multimediali a un elevato numero di persone, anche contemporaneamente, garantendo la continuità del servizio e la qualità ottimale dell’immagine.

    Altra novità introdotta dal nuovo player è la tecnologia “smooth streaming” utilizzata per diffondere in internet gli eventi video. Lo Smooth Streaming permette a chi seguirà le cerimonie in diretta di vedere il video con la qualità migliore ottenibile con le risorse (banda internet, velocità del computer...) a disposizione dell'utente. La stessa tecnologia consente la diffusione di flussi video fino all'alta definizione (HD - High Definition).

    Il player, sviluppato in Silverlight, rende possibile l'ascolto dei canali audio della “Radio Vaticana” e la visualizzazione, in modalità on-demand, delle videonews scelte da un time-table o ricercate con un motore di ricerca interno.



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    00 24/12/2010 00:32
    Biglietti di Natale per promuovere le opere di carità del Papa
    Iniziativa di Cor Unum in collaborazione con l'Ufficio filatelico e numismatico del Vaticano



    CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 23 dicembre 2010 (ZENIT.org).- Cinque euro per cinque cartoline a sostegno della carità del Papa. E' l'iniziativa adottata dal Pontificio Consiglio Cor Unum in collaborazione con l'Ufficio filatelico e numismatico della Città del Vaticano per il periodo natalizio.

    Le cinque cartoline illustrano le diverse attività che impegnano il dicastero per la promozione umana e cristiana, voluto e istituito da Papa Paolo VI il 15 luglio 1971.

    Le cartoline - tutte già affrancate e pronte per la compilazione e la spedizione - sono acquistabili in Piazza Pio XII presso gli ordinari punti vendita vaticani o direttamente presso l'Ufficio filatelico e numismatico nella Città del Vaticano, in unica confezione.

    Tra gli scopi principali di Cor Unum vi è la diffusione di una vera e propria cultura della carità attraverso una catechesi capillare che stimoli i fedeli cattolici a dare in prima persona testimonianza della carità.

    “Con il passare del tempo, e soprattutto con la nascita di numerose organizzazioni caritative che si rifanno all'insegnamento della Chiesa, il dicastero si è proposto come organismo di promozione e di coordinamento di questa vasta attività, mettendosi tra l'altro a disposizione delle diverse Chiese particolari per assicurare il collegamento non solo con le altre realtà ecclesiali che operano nel campo caritativo e assistenziale, ma anche con analoghi organismi pubblici internazionali”, ha spiegato “L'Osservatore Romano”.

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    00 25/12/2010 00:27
    Il servizio Internet vaticano compie 15 anni
    Sentimento e coscienza di una missione nel “continente digitale”


    di Jesús Colina


    CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 24 dicembre 2010 (ZENIT.org).- Il 25 dicembre 2010 ricorre il 15° anniversario della presenza della Santa Sede nella rete Internet, con l'inserimento e la pubblicazione online del messaggio di Papa Giovanni Paolo II per il Natale 1995, sul neonato sito www.vatican.va.

    La Santa Sede sta celebrando questo anniversario non solo con uno speciale annullo delle Poste Vaticane, ma anche con lo studio di nuovi progetti che garantiscano una nuova presenza del Papa e del Vaticano, come dice precisamente il titolo filatelico “Usque ad ultimum Terrae”, “fino agli estremi confini della terra”.

    Il Servizio Internet Vaticano (già Ufficio Internet della Santa Sede), uno dei tre uffici della Direzione di telecomunicazioni dello Stato della Città del Vaticano, vive questo lavoro con la coscienza e la responsabilità di essere “le braccia, le gambe, le mani digitali del Santo Padre in questa evangelizzazione del nuovo 'mondo digitale', di questa 'nuova cultura digitale' indirizzata ai 'migrati digitali ed ai nativi digitali'”, come segnala Benedetto XVI nei suoi ultimi messaggi per le Giornate mondiali delle Comunicazioni Sociali.

    La pagina www.vatican.va, che è stabilmente tra le 10.000 più visitate al mondo, come ha spiegato monsignor Lucio Adrian Ruiz, sacerdote argentino incaricato dell'Ufficio, è la prova che in questi 15 anni in cui Internet ha cambiato la geografia sociale del pianeta “la Chiesa, nella sua testa, nel suo punto centrale, è stata presente in questo cambio culturale fin dall'inizio, non come chi prende o rincorre un treno che già è passato, ma come chi fa parte di quelli che lo mettono in moto”.

    In questo Natale c'è spazio per la celebrazione non tanto dell'anniversario, ma piuttosto dello sviluppo dei servizi che il Vaticano vuole offrire in Internet, assumendo la sfida di capire come rendere più fruttuosa la presenza del Papa in questa nuova realtà culturale.


    Proprio in questo Natale, i siti Internet della Radio Vaticana (www.radiovaticana.org) e del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali (www.pope2you.net), in stretta collaborazione con il Centro Televisivo Vaticano, hanno annunciato che trasmetteranno per la prima volta in alta definizione le celebrazioni natalizie di Benedetto XVI, in sinergia con il Servizio Internet Vaticano.

    Non solo Vatican.va

    In un'intervista pubblicata il 12 agosto da “L'Osservatore Romano”, monsignor Ruiz ha spiegato che quando ci si riferisce alla presenza della Santa Sede su Internet non bisogna pensare solo al sito www.vatican.va, ma a tutta la famiglia “.va”, che fa presente le diverse realtà della Sede Apostolica ufficialmente.


    Tra questi siti, ad esempio, si trovano www.vaticanstate.va (la pagina web della Città del Vaticano) e www.resources.va (una pagina dedicata alla risposta della Chiesa alla crisi degli abusi sessuali).

    “Da quest'anno cominceranno a vedere la luce tanti altri siti dei diversi Dicasteri romani che faranno parte della famiglia '.va', cioè una rappresentazione e presenza virtuale di ciò che uno trova nella realtà reale quando si visita a Roma la Sede Apostolica”, ha annunciato il responsabile.


    “Vatican.va noi lo consideriamo una sorta di finestra virtuale del Papa nella rete, come quella dell'Angelus, che permette al Pontefice di 'affacciarsi in Internet', di percorrere le autostrade digitali, di far sentire la propria voce e la propria presenza in tutto il mondo. Una finestra che consente, in certo qual modo, l'esercizio del ministero petrino, di Padre e Maestro universale, nella rete Internet”.

    “Per questo, come negli Angelus di piazza San Pietro non ci sono spazi di dialogo con chi viene a incontrare e ad ascoltare il Papa, così anche nel nostro sito non è prevista interattività con gli utenti: non è una chat line, né un social network, né è attiva una casella di posta elettronica per scrivergli”, ha aggiunto.

    “Ci sono ragioni pratiche e teologiche insieme. Per quanto riguarda le prime, basti pensare quanta gente vorrebbe interagire con il Papa, il che renderebbe impossibile la gestione di una mole di lavoro del genere; per quanto riguarda le seconde, va tenuto presente che al Pontefice spetta la missione universale, mentre per quella personale, per il contatto con ogni singolo individuo, ci sono i sacerdoti e i Vescovi, il cui ruolo va valorizzato per non rischiare di sopprimere la ricchezza della Chiesa, che ha tutta una gerarchia di ministeri e di carismi”.

    “Tuttavia ciò non significa che non ci rendiamo conto della necessità di attualizzare il linguaggio, di renderlo comprensibile ai fruitori di Internet di oggi”, perché “è tanto cambiato da quando il sito ha visto la luce per la prima volta. Perciò stiamo studiando un rinnovamento non solo grafico ma anche strutturale che permetta di usufruire del contenuto, anzi della presenza virtuale del Papa, in una maniera migliore in Internet”.

    “Vatican.va ha 500.000 pagine dentro, cioè mezzo milione”, ha sottolineato monsignor Ruiz. Tra i suoi nuovi progetti, ha annunciato, “stiamo per ampliare la sezione dei Pontefici, includendo tutti i successori di Pietro cercando di mettere per ciascuno i documenti principali in maniera di poter avere il fil rouge del magistero pontificio on line. E' di prossima pubblicazione la raccolta degli interventi legati all'attività diplomatica della Santa Sede. Sono pronti nuovi documenti nella sezione cinese”.

    “E stiamo lavorando all'archivio video del Papa: creeremo, cioè, una pagina con la raccolta di tutti i filmati attualmente presenti sul sito. Bisogna infatti ricordare che da agosto 2009 registriamo lo streaming trasmesso dal Centro Televisivo Vaticano per i singoli eventi legati all'attività del Pontefice e inseriamo i video negli indici di riferimento: per esempio Angelus, udienze, omelie, viaggi”.

    “Si progetta una possibile apertura al russo e l'arabo, ma in questioni di lingue il problema ci si pone con le possibilità del personale a disposizione”, ha riconosciuto.

    La pagina web www.vatican.va riceve in media un milione di hits al giorno quando non ci sono eventi straordinari. I dieci Paesi da cui vengono più visite sono, nell'ordine, gli Stati Uniti d'America, l'Italia, la Spagna, la Germania e il Brasile, seguiti da Corea del Sud,Messico, Canada, Francia e Cina. L'orario di maggiore attività è tra le 15.00 e le 24.00 ora di Roma.

    Tra le parole più digitate, i motori di ricerca registrano vatican o vaticano, catholic, romano, osservatore, church, santa.

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    00 15/01/2011 00:54
    La salma di Giovanni Paolo II sarà traslata nella Basilica Vaticana


    CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 14 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Saranno traslate dalle Grotte alla Basilica Vaticana le spoglie di Giovanni Paolo II, secondo quanto informato dalla Santa Sede questo venerdì, nel giorno in cui è stata annunciata la data della betificazione del Papa polacco.

    In occasione della beatificazione del Pontefice, infatti, ne è stata decisa la collocazione nella cappella di San Sebastiano all'altare del beato Innocenzo XI, situata nella navata destra della basilica, tra le cappelle della Pietà e del Santissimo Sacramento.

    “La traslazione della bara avverrà senza esumazione: quindi il corpo di Papa Wojtyla non sarà esposto, ma si troverà in un vano chiuso da una semplice lapide di marmo con la scritta: Beatus Ioannes Paulus II”, ha rivelato “L’Osservatore Romano” nell’edizione italiana.









    Il miracolo che ha spianato la via alla beatificazione di Woityla
    Una religiosa francese guarita improvvisamente dal Parkinson



    ROMA, venerdì, 14 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Il Cardinale Angelo Amato, Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, ha confermato questo venerdì che il miracolo riconosciuto da Benedetto XVI come attribuito alla intercessione di Giovanni Paolo II è la guarigione dal Parkinson di una religiosa francese.

    E' il caso di suor Marie Simon Pierre (il nome di battesimo è Marie-Pierre), dell'Institut des Petites Soeurs des Maternitès Catholiques, nata nel 1961 a Rumilly-en-Cambrésis.

    Secondo quanto dichiarato dal Cardinale Amato, “la malattia fu diagnosticata nel 2001 dal medico curante e anche da altri specialisti. La suora ricevette le cure relative, che ovviamente più che guarirla, ne attenuavano in parte i dolori”.

    “Alla notizia della scomparsa di Papa Karol Woityla, affetto dallo stesso morbo, suor Marie e le consorelle iniziarono a invocare il defunto Pontefice per la guarigione”, ha aggiunto il porporato.

    “Il 2 giugno 2005, stanca e oppressa dai dolori, la religiosa manifesta alla Superiora l’intenzione di voler essere esonerata dal lavoro professionale. Ma la superiora la invita a confidare nella intercessione di Giovanni Paolo II. Ritiratasi, la suora passa una notte tranquilla. Al risveglio si sente guarita. Sono scomparsi i dolori e non sente alcun irrigidimento nelle articolazioni”.

    “Era il 3 giugno 2005, festa del Sacro Cuore di Gesù. Interrompe subito la cura e si reca dal medico curante, il quale non può che constatarne la guarigione”, ha ricordato il Cardinale salesiano.


    Sebbene Benedetto XVI abbia concesso la dispensa dai cinque anni di attesa necessari prima dell'istruzione della causa di beatificazione e canonizzazione di Giovanni Paolo II, il suo processo canonico non ha avuto “né sconti, né facilitazioni”, ha precisato questo venerdì durante un briefing padre Federico Lombardi, Direttore della Sala Stampa vaticana.

    Il Cardinale Amato ha spiegato che “per onorare degnamente la memoria di questo grande Pontefice, la causa è stata sottoposta a uno scrutinio particolarmente accurato, per fugare ogni dubbio e superare ogni difficoltà”.

    L'inchiesta diocesana sull'inspiegabile guarigione di suor Marie Simon Pierre è stata realizzata nel 2007 dall'arcidiocesi di Aix-en-Provence, dove si trova il reparto maternità in cui lavorava all'epoca la religiosa.

    Il Postulatore della causa di beatificazione di Karol Wojtyla, il sacerdote polacco mons. Slawomir Oder, ha spiegato che il caso di suor Marie Simon Pierre è stato scelto tra i molti altri di cui era giunta segnalazione per due ragioni: primo perché è legato alla malattia che aveva colpito lo stesso Papa; secondo perché dopola guarigione la religiosa è tornata a dedicare la sua vita al reparto maternità continuando così la sua “battaglia per la dignità della vita". La stessa battaglia per la quale si era speso senza riserve anche il Pontefice polacco.

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    00 01/02/2011 00:51
    Benedetto XVI e la battaglia per la verità
    Massimo Introvigne spiega il magistero del Papa

    di Antonio Gaspari



    ROMA, lunedì, 31 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Benedetto XVI è non solo tra i più grandi intellettuali viventi ma anche uno degli autori più letti al mondo.

    Tuttavia, anche tra i cristiani, di rado i suoi discorsi sono letti integralmente e quasi mai sono studiati a sufficienza. Talvolta, il suo Magistero viene spesso relativizzato, non riconosciuto e contestato.

    Per fare il punto sul Magistero di Benedetto XVI, il sociologo e storico delle religioni di fama internazionale, Massimo Introvigne, ha appena pubblicato il libro: “Tu sei Pietro. Benedetto XVI contro la dittatura del relativismo” (Sugarco, Milano 2011).

    In 320 pagine Introvigne spiega il Magistero del Papa, dall’enciclica Spe salvi del 2007 alla lettera Ubicumque et semper del 2010 con cui s’istituisce il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione.

    L’autore illustra come il Pontefice Benedetto XVI stia conducendo una offensiva contro la “dittatura del relativismo” per allargare gli orizzonti della ragione, riallacciare la fede al cuore e offrire spazio alla proclamazione della verità.

    “Dall’Africa alla Francia e alla Gran Bretagna, dalla sua diocesi di Roma alla Casa Bianca e all’incontro con il popolo delle Giornate Mondiali della Gioventù in Australia – scrive Introvigne –, Benedetto XVI emerge come il primo custode non solo della fede ma anche della ragione minacciata dal relativismo. Per questo molti lo attaccano. Per questo è dovere dei fedeli cattolici stringersi attorno a lui ripetendogli, con le parole del Signore, «Tu sei Pietro»”.

    Massimo Introvigne è autore di sessanta volumi e di oltre cento articoli pubblicati in riviste accademiche internazionali sulla nuova religiosità, il pluralismo religioso contemporaneo e il Magistero pontificio.

    È fondatore e direttore del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni, e membro del Comitato per l’Islam italiano del Ministero dell’Interno. Inoltre, di recente è stato anche nominato Rappresentante dell’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) per la lotta all’intolleranza e alla discriminazione contro i cristiani.

    ZENIT lo ha intervistato.

    Perchè ha voluto scrivere questo libro?

    Introvigne: Sono vice-responsabile nazionale di Alleanza Cattolica, un'associazione che ha come vocazione specifica lo studio e la diffusione del Magistero sociale della Chiesa. Sul Magistero si dibatte molto, distinguendo fra infallibile, non infallibile, dogmatico, pastorale, ordinario, straordinario, e ogni blogger si trasforma in teologo, ma la verità l'ha detta il Papa nella sua ultima intervista: molti parlano del Magistero senza leggerlo. Per esempio si continuano a porre al Papa domande - tipicamente in tema d'interpretazione dei documenti del Vaticano II - cui ha già risposto più di una volta. Volendo escludere che chi pone queste domande reclamando risposte che il Papa ha già dato sia in malafede, rimane l'ipotesi che non legga i documenti.

    Giustamente lei indica il problema della ricezione del Magistero da parte del clero e dei fedeli. Mentre i mass media e certi intellettuali criticano il Pontefice a prescindere, c’è il fatto che moltissimi cattolici non leggono mai cosa il Papa scrive o dice. Neanche il testo dell’Angelus o dell’Udienza del mercoledì. In genere molti fedeli e anche tanti sacerdoti si accontentano di leggere ciò che i giornali riportano sulle parole del Pontefice. Che cosa ha scritto a tal proposito nel suo libro?

    Introvigne: Che il problema mette in gioco la stessa normale modalità di funzionamento della Chiesa, e che forse la soluzione ormai spetta ai laici. Tanto clero, è troppo occupato a fare altro.

    Un altro problema riguarda il fatto che non tutti i sacerdoti citano il Pontefice durante le omelie o nel corso della catechesi. E’ un problema di ignoranza di ciò che il Pontefice dice e scrive, oppure è incomprensione o disabitudine a riprendere il Magistero ordinario?

    Introvigne: Ci sono a mio avviso tre problemi. C'è una minoranza "progressista" che consapevolmente rifiuta Benedetto XVI considerandolo troppo conservatore. C'è un'altra minoranza che il Papa chiama "anticonciliarista" che, nella smania di rifiutare il Vaticano II dichiarandolo non infallibile, si è abituata a considerare irrilevanti i quotidiani pronunciamenti non infallibili del Papa, dimenticando che il buon fedele segue tutto il Magistero e non solo quello dotato di infallibilità. E c'è una palude, forse maggioritaria, che semplicemente non legge il Magistero perché la sua organizzazione del tempo non gliene lascia la possibilità.

    Eppure questo Pontefice è uno degli autori più letti al mondo. I suoi libri, seppure densi e profondi, sono stampati e venduti in tutto il pianeta. Benedetto XVI gode di grande stima e credibilità anche tra religiosi e fedeli di altre confessioni, tra atei e pagani. Come spiega questo fenomeno?

    Introvigne: Insisto: incontro grandi appassionati di Benedetto XVI che sono molto più spesso laici che sacerdoti. Ed è vero: il Papa è letto con passione da tanti non cattolici e non credenti. È uno dei maggiori pensatori viventi, con cui anche chi non crede ha il dovere e spesso, mi creda, anche il piacere intellettuale di confrontarsi.

    Lei sostiene che uno dei problemi è anche la lettura parziale e limitata nel tempo degli insegnamenti pontifici. Al contrario, nel suo libro si afferma che ogni testo va letto alla luce degli interventi precedenti dello stesso e di altri Pontefici, e diventa a sua volta criterio d’interpretazione dei testi successivi. Può illustrarci il suo punto di vista in materia?

    Introvigne: Non ho un punto di vista personale in materia e mi limito a trasmettere quello illustrato più volte dal Papa stesso, per esempio nella "Caritas in veritate". Qui a proposito della "Populorum progressio" del servo di Dio Paolo VI spiega che per non ridurla a una mera "collezione di dati sociologici", che oggi non interesserebbero più a nessuno, quell'enciclica va letta sia alla luce di tutto il Magistero sociale precedente, che presuppone, sia interpretandola alla luce del Magistero successivo, che la chiarisce e la spiega. Questo significa Tradizione vivente e questo vale per ogni documento del Magistero.

    Il Pontefice Benedetto XVI è stato presentato come colui che avrebbe distrutto il dialogo ecumenico perchè troppo rigoroso nell’annuncio. Invece dagli anglicani, ai luterani fino agli ortodossi, mai le relazioni sono state così buone. Come spiegare questo fenomeno?

    Introvigne: Nella Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani appena conclusa il Papa ha detto due verità sull'ecumenismo. La prima è che, specie con i protestanti, vive una stagione di crisi che non deriva da cause teologiche ma dal fatto che alcune grandi comunità protestanti hanno ceduto allo spirito del mondo su temi come l'aborto o il matrimonio omosessuale, su cui non si deve tacere per presunto quieto vivere ecumenico ma che vanno loro spiegati continuamente con argomenti di ragione e non solo di fede. Il secondo è che, nonostante queste gravi difficoltà, la scelta per l'ecumenismo del Vaticano II rimane irreversibile, obbligatoria e parte del nucleo centrale del pontificato di Benedetto XVI perché la Chiesa crede che questo sforzo, anche se a volte sembra inutile e impossibile, sia voluto da Dio stesso. I cristiani non cattolici capiscono questa dimensione ecumenica, eroica e sofferta, del Papa e la apprezzano, più di tanti cattolici che magari concludono i loro scritti con "Viva il Papa!" ma poi ignorano questa che indica come una dimensione essenziale del suo intero pontificato.



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