00 06/01/2010 14:05
tratta da “Sentimento del tempo”

*****

E il cuore quando d'un ultimo battito
avrà fatto cadere il muro d'ombra,
per condurmi, Madre, sino al Signore,
come una volta mi darai la mano.
In ginocchio, decisa,
sarai una statua davanti all'Eterno
come già ti vedevo
quando eri ancora in vita.
Alzerai tremante le vecchie braccia,
come quando spirasti
dicendo: - Mio Dio, eccomi.
E solo quando m'avrà perdonato,
ti verrà desiderio di guardarmi.
Ricorderai d'avermi atteso tanto,
e avrai negli occhi un rapido respiro.


*****

Il commento:

Breve, intensa, mistica, commossa lirica, che ci conferma una volta di più l’amore infinito delle nostre mamme, che dopo averci donato la vita attraverso il travaglio della gestazione , dopo averci dedicato la loro vita terrena, non hanno pace ancora, ma anche dopo la morte sono sempre presenti a tal punto da intercedere per ottenere il perdono divino affinché l’anima delle proprie creature abbia la certezza del dono della vita eterna.


Riflessioni: (tratte da “L’amore materno” di Mandala)

Si dice che non vi sia amore più forte ed intenso di quello di una madre per i propri figli: un amore puro, incondizionato, coraggioso, generoso. E' difficile sfidare questo luogo comune senza ricevere in cambio sguardi di stupita disapprovazione e astiosi rimproveri di ingratitudine. I figli, nonostante i dissapori, difendono la confortante illusione di essere amati veramente e le madri, nonostante condensino in esse anche la prima condizione, ne dimenticano gli affanni, a causa del loro ruolo attuale. Esse, infatti, per qualche - a me oscura - ragione decidono di seguire la via naturale della procreazione, l'impeto istintivo della preservazione della specie, ma, in quanto esseri umani "civili", non si limitano a questo, perché altrimenti non avrebbero un adeguato compenso agli innumerevoli fastidi della maternità.
Perché, infatti, scomodarsi a subire il peso di un corpo trasformato e dolorante, le nausee, il dolore, il pudore della regressione nella materia, le noie sociali, le privazioni, le notti insonni ad accudire il neonato, il tempo e le energie per allevare il bambino, se questo non rappresentasse per la madre l'estensione del proprio ego? Perché sopporterebbe tutto se poi dovesse lasciare la nuova creatura libera di sperimentare, sbagliare e, non appena adolescente, abbandonare il nucleo familiare per seguire la propria strada? Se gli esseri umani non avessero la libertà di scegliere, come accade agli animali, e come un tempo accadeva anche ad essi per oggettive difficoltà nel programmare la procreazione, allora forse questo interrogativo non avrebbe senso, trattandosi di qualcosa di inevitabile, non necessariamente gradito, come può esserlo un fenomeno atmosferico o una malattia.

La madre mette al mondo i figli con un'ipoteca che grava sulla loro felicità, sin dal primo istante di vita: "mio figlio dovrà essere la mia gioia, la mia soddisfazione, la mia fonte di affetto e appagamento, e quando sarò vecchia lui sarà la mia consolazione e la mia stampella. Non potrà non essere così, visto che lui esisterà 'grazie' a me". Se noi fossimo certi dell'opportunità di questa gratitudine, dovremmo forse concordare con questa madre, almeno in parte. Ma, come abbiamo visto poc'anzi, non ne siamo affatto sicuri. In ogni caso, perché dovremmo essere infinitamente grati ad una persona che ci mette al mondo per gratificare se stessa e che, perché ciò avvenga realmente, vorrebbe privarci della nostra libertà e della nostra possibilità di auto-realizzarci? Ma ancor prima, perché dovremmo essere grati a priori alla persona che ci ha messo al mondo nonostante la vita sia sofferenza, e nonostante ella stessa provvederà a non farcela mancare?
Questo non vuol dire che non si debba amare o che sia possibile non amare la propria madre. Proveremo sempre tenerezza e affetto per lei, sentiremo sempre un trasporto naturale per i suoi capelli, la sua voce, le sue carezze, addirittura per i suoi difetti ed anche quando lei non sarà che un'immagine sbiadita della nostra nostalgia, non potremo non esserle legati. Le perdoneremo tutto, proprio perché consapevoli della sua incapacità di scegliere, proprio perché la sappiamo soggetta alla meccanicità della procreazione, che esige di pilotare l'esistenza portando la biochimica sin dentro l'anima.

Chi dedica la propria vita agli altri senza passare prima per se stesso, senza concedere a se stesso di sperimentare, pensare, vivere, osare, non potrà mai lasciare che gli oggetti della propria generosità siano liberi, audaci ed autonomi. E andando più in profondità, chi dedica la propria vita agli altri senza aver maturato la consapevolezza che deriva dall'esperienza diretta, allora non sarà realmente generoso, ma sommamente egoista, perché starà utilizzando gli altri per sfuggire a se stesso. La madre, appunto, quando diventa tale, molto spesso non ha avuto il tempo, le opportunità o la forza per passare prima da se stessa. In questo la società ha una responsabilità fondamentale: la società, infatti, anche la più civile, non concede alla donna le stesse libertà e le stesse opportunità dell'uomo. Probabilmente questo desiderio di sopraffazione presente anche nel più intelligente degli uomini ad uno stadio quasi ancestrale, si deve allo stesso cieco istinto di preservare la specie del quale parlavamo in merito all'amore materno: l'uomo sente inconsciamente che la donna non deve essere libera e consapevole, altrimenti sfuggirebbe al suo ruolo naturale di madre e metterebbe a rischio la sopravvivenza della specie.


Relazione:

La mamma del poeta è morta da molti anni, ma il cuore del figlio non l’ha mai dimenticata, anche se un muro d’ombra li ha divisi da quando ella ha lasciato per sempre questa terra. Verrà il giorno, nel quale anche il cuore del poeta si arresterà, e allora, non appena varcato quel grande muro, chi troverà ad attenderlo per condurlo al Signore? La sua mamma, che lo prenderà per mano per guidarlo come quando era bambino. La sua mamma, che si inginocchierà davanti al Signore, come davanti a Lui si inginocchiava ogni sera, quando era in vita. E alzerà nella preghiera, le vecchie braccia tremanti con la stessa serena fede con cui si rimise alla volontà del Signore, quando Egli la chiamò a sé. E solo quando, in virtù di questa sua appassionata preghiera, il figlio sarà da Dio perdonato, solo allora , sapendolo salvo, ella sentirà il desiderio di guardarlo. E si ricorderà di averlo tanto atteso, e tutta l’ansia che finora ha avuto per quello che sarebbe potuto essere il suo destino, si muterà in un sospiro di sollievo vedendolo accanto a sé e congiunto a lei per tutta l’eternità



Breve biografia: Nato ad Alessandria d’Egitto nel 1888. Opere:Il porto sepolto, Allegria di naufraghi, Sentimento del tempo, Poesie disperse, Penultima stagione, Il dolore. Una delle voci più significative della poesia moderna italiana ed europea. “ A Ungaretti, infatti, e solo a lui, spetta il merito di aver dato nuova vita alla lirica” (Curi). Rinunciando ad ogni precedente tradizione, in polemica anzi con la tradizione, egli, con le sue poesie brevi e brevissime – talora di un solo verso – volle creare la poesia “pura”, cioè quella forma di poesia con la quale si suole identificare la poesia moderna e nella quale la parola acquista o vuole acquistare un’espressività nuova, piena di significati contratti e di suggestioni simboliche.

.....